Recensione: Rain Soaked Pavements & Fresh Cut Grass
Contrariamente a tutte le previsioni che vedono il metalcore praticamente a uso e consumo dei paesi anglosassoni, esistono gli Halcyon Days che nascono da un Paese serioso, perlomeno nel campo musicale, come la Norvegia.
Questo per ribadire ancora una volta che, a dispetto della comune opinione che considera detto genere più che altro un qualcosa a uso e consumo di teenager impomatati, il segreto della buona musica non è insito nella tipologia suonata bensì nella bravura dei musicisti. Bravura sia tecnica, sia compositiva. In una parola, classe.
E di classe gli Halcyon Days ne hanno parecchia. Dopo vari EP e un debut-album nel 2014 (“Elevate”), arriva ora “Rain Soaked Pavements & Fresh Cut Grass”, secondogenito di un full-length che ha avuto un considerevole successo non solo nelle terre natie ma anche altrove.
Il sestetto di Oslo, a ben vedere o meglio ascoltare, fissa le proprie origini nell’hardcore, ancora rinvenibile, qua e là nel platter, modificando gli stilemi musicali verso un approccio alla questione più armonico, meno aggressivo, più fluido e meno spezzato dagli stop’n’go. Finendo, quindi, nell’insieme del melodic metalcore. Ma con uno stile tutto suo, imperniato su una ricerca maniacale dei particolari e sullo sviluppo di un songwriting maturo e per nulla indirizzato a facili e distratti passaggi nel lettore.
Al contrario, “Rain Soaked Pavements & Fresh Cut Grass” necessita di molta confidenza per dar sfogo alla bontà delle sue canzoni, tutte allineate come scolaretti alle linee stilistiche tracciate dalla band ma ciascuna dotata di vita propria, di una congenita diversità che le differenzia più che sufficientemente, anzi.
È chiaro che il leitmotiv trainante vive sull’alternanza di parti riottose, addirittura disarmoniche, e parti melodiche. Sennò, non si tratterebbe di melodic metalcore. Gli Halcyon Days, però, non si tirano indietro sia se si tratta di pestare duro (‘Monument’), sia di proporre ariosi ritornelli velati da una morbida malinconia (‘July’). Come da copione, non mancano gli stupendi cori a supporto dei vari refrain. Cori che, con la loro forza visionaria, aumentano quel senso melanconico appena descritto (‘Cerca Trova’).
Forse manca l’hit, il colpo da KO, in “Rain Soaked Pavements & Fresh Cut Grass”. Tuttavia, la sensazione che si prova procedendo con gli ascolti è che, probabilmente, non è quello che cercavano Daniel Lorentsen e compagni. Impegnati, invece, a produrre delle composizioni non particolarmente accattivanti ma adulte e profonde, tali da nobilitare il disco per intero. Non c’è il botto, insomma, ma nemmeno un punto debole, un calo di tensione: gli Halcyon Days si prendono sul serio, e questo si sente.
Un’altra occasione da non perdere per entrare con delicatezza (‘Friendship’) nel favoloso mondo del (melodic) metalcore, insomma.
Daniele “dani66” D’Adamo