Recensione: Raise Your Fist

Di Carlo Passa - 7 Novembre 2012 - 0:00
Raise Your Fist
Band: Doro
Etichetta:
Genere:
Anno: 2012
Nazione:
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66

Sulle copertine dei suoi dischi Doro non invecchia. Raffigurata in versione borchiata e vestita di pelle nera, incarna il modello per eccellenza della metal girl, assurta al ruolo di metal queen.
Eppure proprio di primo pelo Doro non è, considerando che questo “Raise Your Fist” rappresenta il suo diciassettesimo album e ne celebra il trentennale di carriera.

Se in Italia il nome di Doro fa sussultare i cuori dei soli fan, più o meno datati, dell’heavy metal, in Patria entra prepotentemente nelle classifiche tra i dischi più venduti (o, visti i tempi, meno invenduti). Ogni suo album pubblicato nel nuovo millennio si è piazzato nella top-30 tedesca e siamo certi che “Raise Your Fist” non avrà difficoltà ad eguagliare, se non a superare, i suoi predecessori. Lungo l’intero arco del disco, infatti, Doro punta su ritornelli accattivanti e di facile assimilazione, certamente adatti al grande pubblico, seppur con altalenante qualità nei risultati.
Non è lecito attendersi stravolgimenti nel sound proposto dalla Nostra: un solido hard & heavy teutonico di sapiente produzione e suonato con il pilota automatico da una band che vanta membri (o ex membri) di Waysted, Britny Fox, Blaze, After Forever e Clairvoyants.

Il disco si apre con l’anthemica “Raise Your Fist in the Air”, già disponibile nell’EP omonimo che, qualche mese fa, ha anticipato l’uscita del full-length. La personalità di Doro e il rispetto dovutole dal mondo del metal le consentono di risultare una interprete decisamente credibile di inni pensati per trascinare il pubblico in sede live. Il pezzo mira, infatti, ad accostarsi a quella “All We Are” del periodo Warlock che rappresenta un momento immancabile di ogni concerto della metal queen. Ben congegnata, catchy ma non spudoratamente commerciale, minimamente moderna grazie all’inserto di un accenno di growling maschile, “Raise Your Fist in the Air” si ascolta e riascolta volentieri, pensando che l’heavy metal è proprio una gran bella invenzione.
Come accennato, da qui in avanti il disco alterna bei momenti a riempitivi un po’ stanchi sui cui ipotetici solchi il solo fan accanito tornerà nel tempo a posare la puntina dell’altrettanto ipotetico giradischi.

Tra le cose migliori vanno annoverate “Coldhearted Lover” (dal tipico testo metal) e “Rock till Death”, entrambe dinamiche e dotate di un bel piglio. “Take no Prisoner” e “Revenge” trasudano di anni ottanta e strizzano l’occhio agli Hammerfall, risultando in due classiche fast song di cui abbondano le nostre collezioni di dischi, ma che non stancano mai.
La presenza di Gus G non illumina particolarmente la debole “Grab the Bull (Last Man Standing)”, che entra nel novero dei pezzi dimenticabili, in buona compagnia di “Freiheit (Human Rights)”, “Little Headbanger (Nackenbrecher)” e “Victory” (forse la track peggiore).

Un discorso a parte meritano le tre (tre!) ballad del disco. Se il duetto Doro-Lemmy su “It Still Hurts” non può non emozionare i cuori dei vecchi metaller (che richiameranno alla memoria il famoso connubio tra Lita Ford e Ozzy), “Engel” e “Free My Heart” risultano piatte e incolori, la prima addirittura più adatta al palco di Sanremo che a quello di Wacken, dove Doro sarà headliner nel 2013.
Il disco si chiude con “Hero”, dedicata a Ronnie James Dio. Il pezzo, dal testo piuttosto banale ma non forzatamente di maniera, ruota intorno a una bella melodia che viene declinata ora in versione semi-ballad ora in modalità più power-heavy, congiungendo le due sezioni con un buon crescendo. La parte più aggressiva suona un po’ posticcia, ma anche sufficientemente tamarra da risparmiare alla metal queen uno scivolone che non le avrebbe fatto onore.

In definitiva, “Raise Your Fist” è un disco che alterna luci e ombre, e non aggiunge nulla a quanto già detto e ampiamente ripetuto da Doro. In vero, non ci saremmo aspettati altro e siamo ben contenti di constatare ancora una volta come certo conservatorismo sia parte integrante della natura stessa del metal e contribuisca a rafforzarne identità e senso di appartenenza. In questo scenario, Doro ha saputo ritagliarsi un ruolo imprescindibile, che la storia del genere non può e non potrà mai negarle.

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Tracklist:

01. Raise Your Fist in the Air
02. Coldhearted Lover
03. Rock Till Death
04. It Still Hurts (feat. Lemmy Kilmister)
05. Take No Prisoner
06. Grap the Bull (The Last Man Standing) (feat. Gus G)
07. Engel
08. Freiheit (Human Rights)
09. Little Headbanger (Nackenbrecher)
10. Revenge
11. Free My Heart
12. Victory
13. Hero

Line-up:

Doro Pesch – Voce
Bas Maas – Chitarra
Luca Princiotta – Chitarra
Nick Douglas – Basso
Johnny Dee – Batteria

 

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