Recensione: Rapture
Un gradito ritorno, dopo un’assenza di ben 14 anni dalle sale di registrazione: correva, infatti, il lontano 2008 quando vedeva la luce – si fa per dire – The Black Curse, un album di alto livello, che riproponeva sonorità di inizio carriera. Facciamo un po’ di storia, perché la band vanta un onorato servizio nella legione di Satana di ben 30 anni: fondati nel 1992 a Trollhättan, pubblicarono il loro primo album, Kiss The Goat, nel lontano 1995, e da allora dimostrarono una certa vena creativa pubblicando altri sette album fino al 2008; ben presto però arrivano i problemi, poiché l’anno successivo, a causa dei crescenti problemi di udito del batterista Micke Backelin, i Lord Belial furono costretti allo scioglimento. Nel 2010 rientrarono in sala di registrazione ma ben presto la band comunicò la sua intenzione di sospendere la propria attività.
L’artwork è opera di Mike Hrubovcak ed è una raffigurazione che ricorda molto, nello stile, quella di “Black Curse”, come a voler dare una sorta di continuità artistica e cancellare anni di lungo e assordante silenzio: le atmosfere sono medievali, e la scena principale rappresenta un sacrificio ad una creatura demoniaca di tre donne (la trinità?) sulla cui pelle sono incisi a sangue dei sigilli.
I Lord Belial hanno costruito la loro carriera artistica giocando moltissimo con i contrasti tra luce ed oscurità e, per estensione, tra bene e male, concetti antitetici e amalgamati nella stessa canzone: riff carichi di odio e arpeggi malinconici si alternano all’interno della stessa canzone, creando quel suddetto effetto che caratterizza la carriera della band. Rapture è la prosecuzione di quanto fatto vedere con the Black Curse e per certi versi è come se non fosse mai stato premuto il tasto STOP per gli svedesi, come se non fossero passati 14 anni: album solido e di facile ascolto anche perché orecchiabile.
Legion e On A Throne Of Souls hanno il compito di aprire il disco e riscaldare l’ascoltatore, dando subito un gustoso assaggio di quello spirito di questo lavoro: sono brani veloci e potenti, cattivi, come ai tempi dell’ottimo Black Curse, che flirtano con le melodie – o più semplicemente con il death metal. Una marcia demonica apre Rapture Of Belial, altro pezzo ad alti ritmi e duro della band. Destruction mantiene fede al suo nome e dimostra l’eccellente stato di forma della band. Belie All Gods apre con un pregevole arpeggio, attorno a cui si sviluppa una traccia cupa, la cui diabolica nenia di Thomas Backelin dà un tocco malefico. Un riff dalle tinte trash apre Evil Incarnate, attorno al quale si sviluppa una canzone incisa nel ghiaccio del Nord, che può provocare un ossessivo-compulsivo headbanging. Lux Luciferi racchiude tutte le caratteristiche del percorso artistico della band: violenza, velocità, armonia e diabolica malinconia che si muove con estrema disinvoltura tra black e death metal, con una spruzzata heavy che non fa mai male. Infinite Darkness And Death è un’altra gemma di questo “Rapture”, impreziosita da una linea vocale che ricorda molto l’ultimo lavoro dei Nightcrowned: una meravigliosa armonia unita agli alti e oscuri ritmi dei Lord Belial; il bridge di questa canzone potrebbe essere un ottimo momento di interazione live con il pubblico. Alpha And Omega è il brano più malinconico dell’intero disco e contiene tutta la drammaticità del contrasto del principio (alpha) e della fine (omega), gli arpeggi classici del metal svedese hanno un impatto notevole e le chitarre si fanno più heavy, esaltando le capacità creative di Niclas Pepa Green. Lamentations è l’ultimo tassello, capolavoro assoluto di questo album: arpeggio malinconico nel più classico stile blackned death metal svedese, e chitarre che emergono dall’oscurità interrotta da spoken words dal timbro demoniaco, back vocals dal sapore epico e medievale; un brano dal sapore diabolico.
Questo disco è un eccellente lavoro, ma ciò che stupisce sopra ogni alta cosa è stata la capacità di fermare il tempo della band perché, pur essendo passati quasi tre lustri, i Lord Belial sono riusciti a non perdere colpi e a proporre musica di alto livello, che di questi tempi, è sempre ben accetta. Impeccabile il lavoro in fase di produzione, che esalta tanto le abilità compositive che quelle tecniche della band: l’album è suonato in modo meraviglioso, e risulta essere particolarmente pulito per quel che riguarda la produzione.
Nel segno della lux luciferi, i Lord Belial ci deliziano con musica infernale.