Recensione: Ratman
I Risk erano un misconosciuto gruppo tedesco forte di una line-up che annoverava nei propri ranghi assi come i guitar men Roman Keymer (ex Angel Dust) e Christian Sumser (che supporterà i Rage nel tour del 1991), oltra a Heinz Mikus alla voce, Peter Dell al basso e Jürgen Düsterloh alla batteria. La band, quasi due decenni fa, compose e immise sul mercato l’ormai introvabile EP Ratman.
“Ratman” si pone a cavallo tra due discreti full-length, cioè “The Daily Horror News” (1988) e “Hell’s Animals” (1989), ma rispetto ad essi presenta qualcosa di davvero interessante. Nel qui presente EP figura infatti un ricco concentrato di idee, a primo ascolto forse confuse e abbozzate in maniera superficiale, ma tali da nascondere a una più attenta analisi dei notevoli elementi di originalità se confrontate con le produzioni thrash di quegli anni. Tanto più se consideriamo che tale lavoro nasce in Germania, dove l’approccio all’aspetto compositivo thrash era notevolmente diverso e, se vogliamo, meno ricco rispetto agli standard della Bay Area. Per esempio, qualcuno potrà essere sorpreso nel constatare che la prima canzone è a tutti gli effetti una suite. Si, proprio uno degli strumenti compositivi più in voga tra i progster di oggi e di ieri, ingrediente spesso utilizzato per valorizzare i contenuti un concept, per legare tra loro riff e refrain in un gioco di richiami volto a ricamare una grande opera musicale, spesso col supporto di notevoli accorgimenti tecnici. Qui invece parliamo di thrash, e di una suite che trova la propria identità nelle umide e marce vicende di un eroe che scorazza nelle fogne barcollando tra chorus scanzonati, in linea con la parodia “Ratman Ratman”, ispirata a un personaggio senza capo e con coda forse brillo per un Jack Daniels di troppo. La suite si pone in relativa discordanza rispetto allo stile del teutonic thrash di colleghi quali Destruction o Sodom; il risultato è un concentrato di energia e ricercatezza da far invidia anche a quei signori d’oltreoceano che impartivano lezioni al mondo intero: ben prodotta, innovativa e piacevole all’ascolto, corredata di parti soliste che si spingono finemente verso orizzonti quasi heavy metal. I comparti ritmici, in particolare, sono variabili, suggestivi e ben arrangiati per tutti i dieci e passa minuti dell’opener. “Germans” invece è una sparata hardcore con qualche accenno thrash, riscontrabile in gran parte nella parte solista, che alza notevolmente la qualità della song, a dimostrazione ulteriore della dinamicità compositiva dei cinque tedeschi. “Violent Science” e “Skid-Row Kid” si attestano invece su sonorità più heavy, con dei tempi più ragionati rispetto al riffing thrashcore della precedente.
In conclusione possiamo definire questo EP un lavoro personale e intraprendente, ricco di dettagli e sfumature altrove non apprezzabili, che toccano l’heavy metal, il thrash, l’hardcore, sfruttando persino la allora poco gettonata forma compositiva della suite, senza tuttavia venire meno alla thrash-philosophy fatta di sincero assalto sonoro. Un gran peccato aver lasciato tanta genialità isolata in un lavoro contenuto di quattro tracce, così poco uniformi le une rispetto alle altre. Sono sicuro che, se maggiormente curato, questo EP si sarebbe potuto trasformare in un full-length capace di ritagliarsi una buona visibilità. È una considerazione che però lascia il tempo che trova, perché in questo disco tutto scappa rapido, sgattaiolante e confuso; d’altronde come ci anticipa l’intro…
Welcome to the Kingdom of Rats!
– nik76 –
Tracklist:
01- Ratman (10′ 40”)
– Invitation
– Ratman’s Delight
– Ratdance
– Delirium
02- Germans (1′ 27”)
03- Violent Science (4′ 06”)
04- Skid-Row Kid (2′ 55”)