Recensione: Ravenlord
Arriva il settimo lavoro per i Mystic Prophecy, combo greco-tedesco dedito da ormai un decennio a un heavy metal di matrice orgogliosamente e testardamente teutonica. Nonostante i ripetuti cambi di line-up, che vedono sopravvivere dei membri fondatori solo Roberto Dimitri Liapakis alla voce, i nostri hanno saputo distinguersi negli anni per la rocciosa coerenza della loro proposta musicale, un power metal classico che si concede talvolta fughe thrash, sempre contenute e appropriate nel contesto del genere. Questa perseveranza (che alcuni potrebbero chiamare prevedibilità o addirittura monotonia) è allo stesso tempo il punto di forza e la debolezza di una band che, senza mai allontanarsi da una sonorità e un’impostazione delle canzoni molto classica, è riuscita a creare con gli anni un sound personale e sicuramente accattivante, grazie anche alla vena dark e alle divagazioni su territori più heavy ed estremi. Niente di innovativo sia chiaro, ma non si può negare loro di essersi creati una certa identità, un bene quanto mai raro e apprezzabile nel mercato del power metal moderno, saturo all’inverosimile di proposte ripetitive che annegano nella loro paludosa inutilità anche i lavori di band che meriterebbero maggiore attenzione e rilievo.
Sono i Mystic Prophecy tra queste band meritevoli?
Sicuramente il nuovo disco Ravenlord si presenta più che bene, a partire dall’artwork della copertina, semplice, diretto, finalmente azzeccato e lontano dalle pacchiane cover del passato. Dalle prime note della title track, posta come opener dell’album, possiamo subito dire che il sound e la produzione sono di ottimo livello. Impeccabile il riffing e le parti soliste del duo Constantine-Pohl e così anche la performance alla voce di Liapakis che riesce a risultare da subito incisiva sia sui toni alti che nelle parti più “cattive”.
Si inizia quindi con Ravenlord, un mid tempo marziale e oscuro che prende vita da un arpeggio ipnotico per poi sfociare in un ritornello antemico e trascinante. Si cambia ritmo premendo sull’acceleratore con Die Now, il pezzo con maggiori influenze thrash, ben inserito come seconda traccia in contrapposizione alla cavalcata dark del pezzo di apertura. Tutto il disco alterna questi due ritmi, granitici mid tempo e brani più speed spesso associati a un cantato più “ruvido” a volte al limite del growl. La terza traccia Eyes of the Devil presenta il chorus forse più catchy del disco e un intermezzo strumentale/solistico tra i più riusciti, mentre Damned Tonight si mantiene sui buoni livelli di questo inizio di album.
È da questo momento in poi che l’entusiasmo per il sound potente, cupo e sicuramente di impatto si scontra con la crescente ripetitività dei brani e soprattutto delle melodie dei cori, davvero molto simili tra loro. Hollow prova a spezzare la monotonia con momenti più melodici, senza convincere. Dopo l’anonima Wings of Destiny, che col suo incedere e i suoi inserti growl nel ritornello ci ricorda la title-track, passiamo a Endless Fire e Cross of Lies, due brani aggressivi ben riusciti anche se terribilmente simili. Reckonig Day, l’ultima traccia inedita, è abbastanza inutile nel suo ripetere le stesse soluzioni a livello di riffing e di melodia. Le liriche delle nove canzoni si mantengono uniformi su un satanismo-soft d’ordinanza, un contenuto consono alla forma che nulla aggiunge ad essa. Senza infamia e senza lode la cover di Miracle Man di Ozzy Osbourne, devastante a livello sonoro ma, a mio parere, non particolarmente adatta alla vocalità di Liapakis che invece nel resto del disco risulta sempre convincente, emergendo come uno degli elementi di maggior forza dell’opera.
Per concludere, di questo Ravenlord si può dire che non aggiunge niente di nuovo alla precedente discografia della band, pur collocandosi tra gli episodi più riusciti. La struttura delle canzoni è rigida e in nessun caso ci offre qualcosa di diverso da una strofa, un pre-chorus, un ritornello armonicamente molto chiuso e un assolo mai strabordante. Proprio per questo sarebbe necessaria una maggiore cura delle linee melodiche. La ripetitività e a volte la mancanza d’incisività sono d’altronde da sempre i limiti di questa band, che, col suo settimo disco, ci offre l’ennesima buona dose di “metallo-da-headbanging” a rischio di essere apprezzata, consumata e sostituita nell’arco di poco tempo con qualcos’altro di più durevole o, più probabilmente, di altrettanto godibile e velocemente rimpiazzabile.
Mario Corbelli
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TRACKLIST
1. Ravenlord
2. Die Now!!
3. Eyes Of The Devil
4. Damned Tonight
5. Hollow
6. Wings Of Destiny
7. Endless Fire
8. Cross Of Lies
9. Reckoning Day
10. Miracle Man (Ozzy Osbourne Cover)
LINE-UP
R.D. Liapakis: Vocals
Markus Pohl: Guitars
Constantine: Guitars
Connie Andreszka: Bass
Tyronne Silva: Drums