Recensione: Reach
Ultimamente le divinità dell’AOR sembrano aver deciso di essere particolarmente favorevoli e di dispensare a piene mani ottimi esempi di questo genere musicale, che pare pronto, finalmente, per una nuova epoca d’oro in grado di rinverdire i fasti di un tempo.
Grossa parte del merito di questa rinascita è senza dubbio da conferire alla encomiabile attività di alcune label, con menzione particolare per l’italianissima Frontiers Records, capace di emergere nel corso di un ristretto numero di anni con la costante ricerca di nuovi talenti ai quali affiancare un sempre più nutrito gruppo di nomi di importanti, creando così un catalogo di assoluta eccellenza per varietà e qualità.
Ciò che più sorprende è comunque il constatare come i musicisti coinvolti quasi mai abbiano deluso le aspettative: se i Journey la scorsa estate hanno rilasciato un album (“Generations”) valido e degno della propria fama, poco tempo fa è toccato ai Toto regalarci un prodotto dal valore artistico elevatissimo (“Falling In Between”), ora è la volta proprio dei Survivor (tre leggende come Journey, Toto e Survivor riunite sotto una unica etichetta: chapeau!), chiamati a riprendere un discorso interrotto da troppo tempo ed a fornire ancora una volta una prova del loro imperituro valore.
Le aspettative erano senza dubbio elevate, (il timore del passo falso quando in gioco entrano gruppi di tale rilievo è sempre notevole) tuttavia, dopo qualche approfondito ascolto del nuovo “Reach” si può affermare, con una certa sicurezza, che l’operazione ha avuto pieno successo anche questa volta ed il nuovo cd di Jimi Jamison e soci è, senza grosse riserve, un lavoro che merita grande attenzione e potrà soddisfare in pieno i fans della band, così come i tutti fruitori del genere AOR in cerca di belle melodie e canzoni piene di positività, brio e quel pizzico di romanticheria che è caratteristica tipica ed immancabile.
Sin dalla copertina il discorso sembra riannodarsi con il periodo migliore del gruppo di Chicago, a partire dal monicker, che appare riportato così come ce lo ricordavamo sulle covers di “Vital Signs” o “When Seconds Count”, ma è in effetti il contenuto musicale quello che in sostanza non va a deludere le aspettative, rivelando un assortimento molto ben congeniato di dodici tracce che si mantengono fedelmente sulla falsariga di quanto atteso da uno dei pezzi pregiati della storia dell’ hard rock melodico, offrendo così brani che sin dalla title track posta in apertura contribuiscono a ricreare le tipiche atmosfere perfettamente inseribili nella tradizione targata Survivor.
Non si intravedono dunque aspetti che possano rendere spiacevole l’ascolto di questo “Reach”: i 56 minuti di durata sono un costante rincorrersi di ottime hooklines con ritornelli facilmente memorizzabili e dal sentore calorosamente estivo (facile il solito paragone con i climi caldi e vitali dell’assolato panorama costiero statunitense); brani come “Fire Makes Steel”, la morbidissima “Seconds Away”, “One More Chance” e “Don’t Give Up”, per citare qualche buon esempio, recano l’inconfondibile trademark del gruppo, elevato al solito dalla potente ed espressiva voce del bravissimo Jimi Jamison, in forma smagliante (che si avvicenda in un paio di pezzi – “Neverthless” e “Talkin’ Bout Love” – con l’altro membro storico della band, il chitarrista Frankie Sullivan) e quindi, come sempre, autore di una prova di altissimo profilo.
L’equilibrio risulta la principale qualità del cd (unitamente all’effettivo valore delle composizioni), laddove appare pienamente riuscita l’amalgama tra parti spumeggianti e briose ed episodi maggiormente rilassati: ad una bella selezione di tracce solari e spensierate, fanno infatti da contraltare le classiche ballate dallo stile edulcorato e romantico (“The Rhythm of Your Heart” e “Home” ne sono due esempi brillantissimi) rendendo la “narrazione” mai noiosa o troppo a senso unico.
Pochi i punti deboli, per un album formalmente e sostanzialmente perfetto, dove non manca nulla, a partire da una ottima produzione per arrivare al buonissimo valore delle canzoni, passando per ritornelli pienamente riusciti ed esecuzioni prive della benché minima sbavatura.
In definitiva, come detto in precedenza, va a delinearsi l’ennesimo colpo gobbo da parte della Frontiers Records, che ci riconsegna una band storica e leggendaria nel pieno delle proprie forze e capacità, con un lavoro che gli appassionati sicuramente apprezzeranno e che si rivela come decisamente ben fatto e foriero di sensazioni piacevoli e gratificanti. Certo i paragoni con i già citati “Vital Signs”, “When Seconds Count” ed “Eye Of The Tiger” sono forse per il momento ancora un po’ azzardati, ma un ritorno così valido è comunque qualcosa di assolutamente positivo che può tranquillamente fungere da buon inizio per una nuova stagione costellata da grandi soddisfazioni. Indicatissimo per chiunque sia addentro alla materia AOR, per chi è rimasto un po’ deluso dal recente “Above The Storm” di Jim Peterik e, più in generale per tutti gli amanti della melodia e della buona musica suonata con passione e competenza.