Recensione: Reaching The End
Nati nel 2001 in quel di Soncino, piccolo paese della provincia cremonese, i Pulvis et Umbra sono una realtà relativamente giovane dell’ambiete discografico underground italiano.
I ragazzi, dopo i demo ‘Qui valet hic mundus, quid gloria, quidve triumphus post miserum fonus’ del 2006 e ‘Pure Longobard Noize’ del 2007, decidono di rilasciare il loro primo full-lenght, intitolato ‘Reaching the End’, nel 2012.
I quattro lombardi propongono un thrash/death dalle tinte -core estremamente moderno, che pur prendendo spunto dalla tradizione del Nord Europa, riesce a suonare abbastanza personale. Il combo non si limita infatti a seguire pedantemente le orme già tracciate da realtà ben più affermate, cercando di dare un’impronta più originale e personale alla propria musica.
Per capire bene ciò di cui si parla, basta spingere il tasto play e lasciare scorrere i brani che compongono la tracklist.
Le canzoni paiono ben articolate, estremamente dinamiche -grazie soprattutto a un lavoro di batteria tutt’altro che disprezzabile- e dotate di arrangiamenti gradevoli quel tanto che basta a non annoiare. A rendere il tutto più divertente, ci pensano delle leggere venature thrash-core e groovy -talvolta quasi al limite del nu-metal-, che conferiscono maggior freschezza alle composizioni.
Il songwriting si attesta su livelli di discreta qualità e, senza far gridare al miracolo, mette in mostra una discreta maturità già acquisita dai musicisti. Musicisti autori, per altro, di una prestazione tecnica pressoché perfetta e che non presta assolutamente il fianco a critiche.
I brani che maggiormente lasciano un’impronta di sé sono senza dubbio quelli più ‘sperimentali’. Pare quasi impossibile non farsi trasportare, dunque, da un pezzo come ‘Wrath and Sorrow’, irresistibile nel suo incedere furioso. Il riffing -nonostante la pessima qualità audio- è deciso e tagliente, le ritmiche quadrate e possenti. A condire il tutto ci pensa poi la voce di Stefano, abilissimo nel passare da tonalità basse e gutturali ad altre più assimilabili allo scream. Molto belli anche i passaggi atmosferici costruiti sulle note di tastiera, dal sapore elettronico.
Notevole anche la successiva ‘Kosmonaut’, nella quale si riescono a scorgere forti influenze progressive: la traccia presenta strutture piuttosto articolate, con continue accelerazioni e bruschi rallentamenti. Splendido in questo caso il lavoro di Vincenzo al basso, autore di una prova decisamente convincente e di Marcello alla batteria.
Ad esse si affiancano tracce decisamente più standard, che comunque riescono a destare discreto interesse all’ascolto: è il caso di canzoni quali la battagliera title-track, piuttosto che la feroce e conclusiva ‘Architects of War’.
Ad un songwriting globalmente di buona qualità fa da contraltare, come accennato in precedenza, una qualità di registrazione davvero pessima: i suoni risultano terribilmente impastati e poco chiari, sia per quanto concerne le linee di chitarra, sia per quanto riguarda basso e batteria. Il perché di una scelta del genere, in tutta onestà, ci sfugge, giacché la produzione dell’album è stata curata da una casa discografica importante come la Rising Records.
Siamo dunque giunti alle conclusioni: questo ‘Reaching the End’ è un album gradevole che, pur con qualche piccola falla riesce a regalare qualcosa in più di una semplice manciata di canzoni gradevoli.
Qual’ora i Pulvis et Umbra decissero di aggiustare il tiro per quanto riguarda i suoni, siamo sicuri che potrebbero destare l’interesse di un pubblico ben più vasto.
Emanuele Calderone