Recensione: Ready To Go
Con tre full length ed un live album alle spalle, per tacer del primo album
autoprodotto e del side project Stereoscope, tornano sulle scene i francesi The
Black Noodle Project. Nato in origine come progetto solista del mastermind
Jérémie Grima, il gruppo sviluppa negli anni un proprio stile, pregno sì di
elementi riconducibili ad altre band appartenenti ad epoche e generi diversi, ma
riconoscibile e personale grazie all’ottima sintetizzazione di tali influenze in
una proposta che, se da un lato non fa mistero delle ispirazioni in questione,
dall’altro riesce ad amalgamare il tutto con forte personalità.
L’opener Ready to Go – part 1 nasce dall’evidente amore di Grima per i Pink
Floyd dell’era Meddle, e la sua atmosfera dilatata lo dimostra appieno. C’è
molto sentimento in questa strumentale che fonda la sua forza nella semplicità
esecutiva e nel gusto per arrangiamenti davvero raffinati. We’ve Let You Go vaga
sospesa tra echi di Anathema e mood malinconico stile Dredg, altre basi di
ispirazione non dichiarate ma ugualmente riconoscibili. Ad ogni modo ci si è
spostati su di un terreno alternative che sprigiona emozioni e su di quelle
naviga; un pezzo piuttosto semplice all’apparenza, ma arricchito da particolari
tutt’altro che scontati (come gli inserti di piano) e da un cantato molto molto
buono di Grima, che si dimostra dotato di eccellenti doti interpretative. The
One si mantiene su coordinate simili, estremizzando il lato malinconico che
esplode al momento dell’assolo chitarristico e viene poi supportato nel cantato
corale successivo al solo stesso, e qui sì sembra di sentire i Pink Floyd dei
primi anni settanta.
The World We Live In suona decisamente più aggressiva, e si appoggia
inizialmente su di un riffing ruvido e su di un ottimo lavoro di basso e
batteria. Fanno poi capolino alcuni elementi dal sapore avantgarde, e la traccia
risulta molto ben concepita.
Rishikesh ci porta ad oriente con le sue percussioni ossessive, ed è
inframezzata da Liverpool, cavalcata strumentale che rimanda al rock robusto
dell’epoca a cavallo tra i settanta e gli ottanta. Coming Up For Air ricorda
(molto) vagamente i Cure più datati, ed è ad ogni modo uno degli episodi meno
interessanti dell’intero lavoro, suonando un po’ banale e molto meno ispirata
rispetto alla media dell’album; questo nonostante alcune pregevoli soluzioni
adottate da Jaubert sia al piano che al synth.
Asymmetrical Vision è sorretta da un basso cupo e da un lavoro chitarristico
ipnotico capace, nonostante la breve durata, di suscitare interesse. Arriva il
momento di From Out Of Nowhere, cover del celeberrimo brano dei Faith No More,
che appare infilata un tantino a forza nella tracklist. L’aspetto interessante è
rappresentato dal fatto che il main riff, affidato alla tastiera nella versione
originale, viene qui eseguito con la sei corde. Ma non è poi questa grande
rivoluzione, e forse se il pezzo si salva è grazie al basso di Létévé.
Di tutt’altra caratura è la successiva I’ll Be Gone, toccante brano per piano e
voce in grado di ammaliare per eleganza e sentimento. Grandi emozioni si
sprigionano dalle note di questo piccolo gioiello, ed è proprio questa la dote
nella quale eccellono i The Black Noodle Project: quella per l’appunto di
riuscire a suscitare grandi emozioni senza bisogno di strafare sul piano
esecutivo.
La seconda parte di Ready To Go, seguito dell’opener del presente lavoro,
riprende l’atmosfera della part 1 da dove si era interrotta; lo sviluppo del
brano si mantiene fedele ad un impronta pesantemente floydiana già
precedentemente ricordata, e trovano abbondante spazio nel corso dei quindici
minuti e mezzo di durata le divagazioni strumentali sul tema; digressioni che
non disdegnano incursioni nella psichedelia e che ad ogni modo non presentano
traccia di virtuosismi ad effetto, ma si fondano prevalentemente sul pathos.
Degne di nota anche le incursioni del sax e dell’acustica nella parte finale ad
impreziosire un brano già bellissimo.
Il commiato è affidato a Farewell, con una chitarra acustica a guidare una
melodia cadenzata e a fare da schermo agli elementi di psichedelia e space rock,
fino a quando il tutto diviene un crescendo il cui climax esplode nell’inserirsi
della chitarra elettrica, ed il “Farewell” ripetutamente sussurrato in
precedenza diviene un grido disperato che si spegne infine assieme al brano e al
disco.
Ready To Go è un disco da vivere intensamente, perchè intense sono le emozioni
che sa suscitare in chi decide di dedicargli ripetuti ed attenti ascolti. Gli
elementi che lo compongono derivano, come già ricordato, da diverse influenze
egregiamente amalgamate e fatte proprie dalla band parigina.
Fondamentale la lezione appresa dai Pink Floyd della prima metà degli anni ’70,
ma molto importanti anche le atmosfere melodiche e malinconiche mutuate da band
quali Opeth e Anathema, nonostante la proposta musicale dei The Black Noodle
Project sia profondamente diversa.
Una buona personalità ed una spiccata eleganza negli arrangiamenti rendono il
platter in questione una piccola perla underground capace di donare sensazioni
forti, soprattutto agli amanti di sonorità retrò e del tutto avulse dalle mode
del momento.
E’ decisamente un disco eclettico, capace di rapire senza aver bisogno di essere
ruffiano o di stupire a tutti i costi; uno di quei lavori che stabiliscono sin
dai primi giri nel lettore una sorta di intimità tra musica ed ascoltatore. E’
pur vero d’altro canto che chi è a caccia di novità ad ogni costo si può tenere
in tutta tranquillità alla larga dal lavoro in questione, senza temere di
essersi perso qualcosa di imprescindibile. Ma se qualcuno è alla ricerca di
emozioni in musica qui ne troverà molte e profonde.
Chapeau!
Massimo Ecchili
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Tracklist:
01. Ready To Go – part 1 4:10
02. We’ve Let You Go 4:57
03. The One 5:38
04. The World We Live In 6:29
05. Rishikesh / Liverpool / Rishikesh 6:42
06. Coming Up For Air 4:28
07. Asymmetrical Vision 2:39
08. From Out Of Nowhere 4:22
09. I’ll Be Gone 5:20
10. Ready To Go – part 2 15:30
11. Farewell 5:05
Line-up:
Jérémie Grima: vocals/guitars
Anthony Létévé: bass
Sébastien Bourdeix: guitars
Fabrice Berger: drums
Matthieu Jaubert: keyboards
Elad Berliner: sound