Recensione: Real Life Isomorphism
“As far as I know I still have two fathers: one gave me life, the other showed its meaning”
“Real Life Ismorphism” è il primo full-length autoprodotto dei Blinding Tears, band prog-heavy nata nel 2006 che raggiunge la formazione attuale nel 2008. I ragazzi ci offrono un concept album decisamente sopra le righe, che affronta in maniera originale il concetto di ‘isomorfismo’ nel suo istanziarsi nella vita reale di un uomo – metafora o narrazione dell’alienazione dell’individuo nel mondo e conseguente ricerca della libertà a seguito di un violento e traumatico risveglio fisico e psichico. Un disco la cui comprensione non può prescindere, oltre che dalla musica multiforme e multicolore che trae origine dalle differenti influenze dei membri del gruppo, dal mescolarsi di quest’ultima in un profondo intreccio narrativo.
La narrazione si articola in quattro atti: Crisi (Curse of Freedom), Conflitto (Shape of Self), Redenzione (Descent), Azione (The Circular Maze). I primi tre atti si sviluppano in un flusso di coscienza del protagonista in fuga, apparentemente in preda ad uno stato confusionale. L’incipit chitarristico richiama il power metal con la notevole “Curse of Freedom”, in una fuga verso l’ignoto; sempre nel primo atto “M(a)indeadlock” si vira verso l’heavy, con un saliscendi di influenze e l’assenza di rime alle quali aggrapparsi, situazione musicale e narrativa d’insieme che mi ha ricordato l’ultimo Ayreon.
Molto interessante la strumentale “Mantra”, evocativa nelle sue atmosfere, con la parte recitata in chiusura attinta dal romanzo “Memoriale del Convento” di José Saramago, in lingua italiana, che ci concede un bel brivido. Molto difficile cercare di cingere con un pugno di parole il flusso emozionale di quest’album, che andrebbe forse ascoltato come un’unica, lunga traccia per intraprendere l’intero viaggio senza interruzioni. Fino alla suite finale “The Circular Maze”, ove finalmente veniamo a conoscenza del passato e del presente del protagonista, uscito dalla riflessione folle, libero dai vincoli della gabbia d’acciaio nella quale ha sempre vissuto, capace finalmente di narrarci con disinvoltura la sua vita passata. Il lavoro da impiegato, l’evento traumatico di quella pistola puntata addosso, lo sparo ed il dolore fisico (la copertina dell’album, nel suo chiaroscuro netto, è molto eloquente) ed il suo presente, che si configura come l’epifania di un eterno ritorno nietzscheano e ci spinge a ricominciare il disco, come se la traccia al nono posto e la prima fossero legate di nuovo da una qualche oscura e terribile forma di continuità.
“Real Life Isomorphism” è un album suonato ad altissimi livelli, che spazia dal power all’heavy al prog, fino al rock psichedelico: il tutto al fine di ricreare l’atmosfera adatta per rendere vivi e nitidi gli stati mentali del protagonista, caratterizzati da liriche molto ispirate e “vissute”, che nonostante la difficoltà del tema e la non-linearità dei generi riescono ad imprimersi senza difficoltà alcuna nell’ascoltatore. La produzione è discreta, forse la batteria si perde un po’ in secondo piano favorendo l’atmosfera delle tastiere e dei synth alla ritmica, chitarre impeccabili e grande prova al microfono per Niccolò Fontanelli, che passa con espressività dalle parti più melodiche a quelle più thrash e “cattive” – a volte mi ha ricordato addirittura James Hetfield.
Sussiste forse una possibile forma di isomorfismo tra l’uomo che punta la pistola alla tempia dell’impiegato borghese e quest’ultimo, al lavoro sulla sua scrivania? Non vi resta che ascoltare i Blinding Tears per avere le vostre, oscure risposte!
Luca “Montsteen” Montini
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