Recensione: Realitale
Nati nel 2004 da membri ed ex-membri di Dismal e Highlord, gli Amethista registrano un primo promo nel 2005 di sole due tracce. L’apprezzamento di pubblico e critica sembra buono e così il gruppo nel settembre dello stesso anno entra in studio per registrare in proprio questo album di debutto intitolato “Realitate”. La buona prova del disco gli permette quindi prima di suonare ad alcuni festival e in seguito anche di firmare un contratto con la Chaos Path Records, e per la distribuzione con la Masterpiece, che fa uscire l’album nel 2006.
L’album si apre in maniera coraggiosa con “The Whim of Rha”, la canzone più lunga di tutto il disco. Una sorta di riassunto dello stile degli Amethista e di quanto potremo ascoltare durante il resto del cd. Il sound non è nulla di particolarmente originale, si tratta infatti di un mix piuttosto classico tra un black metal di stampo sinfonico e alcuni stacchi dal tocco gothic.
Pregevole però la prova della singer Aeretica che si destreggia bene tra passaggi in voce pulita dal tono etereo, accompagnati da passaggi generalmente melodici e atmosferici, e quelli in growl e scream che son comunque la maggior parte. Un growl spesse volte così profondo e gutturale da ricordare più il death di gruppi come i Nile, che il black grezzo e sinfonico di terra norvegese.
Da questo punto di vista i brani sono generalmente piuttosto articolati e non ripetitivi. Sotto il punto di vista dell’ispirazione compositiva invece la band purtroppo mostra ogni tanto la corda. Le canzoni scorrono via bene senza annoiare l’ascoltatore, ma tanto meno senza farlo balzare dalla sedia gridando al miracolo. Se da una parte l’ascolto del disco non risulta essere talmente ostico da costringerci a tirarlo fuori dal lettore per buttarlo dalla finestra, ma al contrario sarebbe un perfetto tappeto sonoro quando si è intenti a fare altro, dall’altro dopo il primo passaggio non si è neanche spinti a volerlo riascoltare.
Pur trattandosi, come si diceva in apertura di recensione, di un disco in pratica autoprodotto dalla band e solo successivamente distribuito da una etichetta, non ci troviamo di fronte a suoni pessimi. Il lavoro fatto in fase di registrazione in realtà è piuttosto buono anche se risente un po’ di quella che io chiamo “sindrome da personalità”. In pratica i musicisti del gruppo con maggiore personalità hanno automaticamente anche i suoni più alti, è questo il caso per esempio della voce femminile che finisce spesso a coprire gli altri strumenti e in alcuni frangenti anche delle tastiere.
In definitiva un album che non stupisce, ma neanche delude totalmente. Un disco che si iscrive di diritto nella media delle produzioni del settore senza inventare nulla di nuovo. Non per questo un disco totalmente inascoltabile, che anzi al contrario troverà sicuramente qualche estimatore.
Tracklist:
01 The Whim of Rha
02 Invisible Queen
03 The Vice
04 The Beast Within…
05 My Moment is Eternity
06 Soul’s Vibrations
07 Lights in the Abyss
Alex “Engash-Krul” Calvi