Recensione: Reality
Reality segna il debutto dei Wingdom, band finlandese di recente formazione composta da giovani ma capaci musicisti. Tra i più noti al grande pubblico troviamo: l’ex tastierista dei Sonata Arctica Mikko Harkin, l’ex bassista dei Rhapsody Alessandro Lotta e il cantante Sami Asp che può vantare collaborazioni prestigiose con Virgil Donati e Derek Sherinian. La formazione vede inoltre Markus Niemispelto alla batteria e Jukka Ruotsalainen alla chitarra. Le fonti d’ispirazione del gruppo sono molteplici: l’aspetto melodico è il filo conduttore del disco che però trova nel progressive rock/metal il suo espletamento, principalmente prediligendo atmosfere intense piuttosto che virtuosismi tecnici. Non stupisce che, date le ottime premesse, durante la registrazione dell’album, lo stesso Timo Kotipelto (Stratovarious) si sia interessato al progetto al punto di proporre l’uscita del prodotto tramite la sua casa discografica “High and Loud”.
A seguito di una così incoraggiante presentazione veniamo dunque ad illustrare in cosa effettivamente risieda il mordente di tale album. L’impressione che avrete sin dai primi ascolti di tracce come “Time” o “The Essence” è che il gruppo abbia tentato di percorrere strade già collaudate: le somiglianze con dischi passati degli Stratovarious sono svariate anche se, è doveroso precisarlo, i Wingdom non fanno del power metal il loro ingrediente principale. La complessità ritmica mantiene vivo l’interesse durante quasi tutti i brani senza mai però raggiungere apici eclatanti: la sensazione che permea l’intero prodotto è che sia stato studiato quasi a tavolino per soddisfare un pubblico piuttosto indifferenziato di utenti. Tuttavia, tra gli elementi salienti troviamo tastiere le cui sonorità rimandano ai celebri Sonata Arctica: azzeccato contributo di Harkin che utilizza numerosi campionamenti caratteristici della sua band d’origine (primo fra tutti quello del clavicembalo diffuso anche nel metal neoclassico).
Complessivamente una piacevole alternanza accompagna questo prodotto in ogni suo aspetto: l’esempio più piacevole e meritorio è sicuramente l’ultima traccia dell’album. In “Lighthouse Pt.2” è presente quello che probabilmente è il massimo impegno tecnico ed artistico della band: il brano si sviluppa in una complessa e coinvolgente traccia di 12 minuti e 31 secondi durante i quali si avvicenderanno cambi di ritmiche, voci effettate, suoni campionati e chitarre fusion che contribuiscono ad evolvere il tema della traccia precedente “Lighthouse Pt.1”. La voce di Sami è forse l’anima e la chiave di lettura di ogni brano, oltre ad essere molto piacevole nel suo genere. Il timbro ricorda da vicino quello di Jon Bon Jovi e in parte il modo di cantare di Tony Kakko e Matos, senza raggiungerne però l’estensione vocale.
In conclusione un valido album d’esordio che presenta un prog aggressivo e accattivante, ben suonato e dotato di personalità, a mio avviso donata in gran parte dalle notevoli capacità interpretative dello stesso Asp. Chi desidera un prodotto marcatamente progressive e più orientato verso la sperimentazione o l’originalità invece potrebbe rimanere deluso per una vaga omologazione e impressione di già sentito presente in svariati brani come “Where do we go” (in cui si strizza l’occhio molto da vicino ai Dream Theater). Per chi cercasse un album decisamente più atipico ma pur sempre di stampo prog rock, consiglio il recente Anser’s Tree di Manning, già recensito in questa sede.
Matteo “Desmond” Donati
Tracklist:
1. Time (5:14)
2. Where To We Go? (4:35)
3. Marionette (3:47)
4. A Sigh Of Despair (5:14)
5. The Essence (4:15)
6. Everyday (5:01)
7. Never Stop (5:37)
8. Tomorrow (4:24)
9. Lighthouse (6:17)
10. Lighthouse Pt.2 (12:31)