Recensione: Realized Fantasies

Band: TNT

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Anno: 1992

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78

I TNT, band scandinava la cui origine risale al lontano 1982, dopo i due capolavori ‘Tell No Tales’ (1987, Island/Mercury), e ‘Intuition’ (1989, Vertigo), nel 1992 si trovano ad incidere il quinto full-lenght della loro carriera: ‘Realized Fantasies’ (prodotto da Ric Wake).
La formazione che ha realizzato l’album è la seguente: Tony Harnell – voce; Ronni Le Tekrø – chitarre e tastiere; Morty Black – basso e John Macaluso – batteria.

L’album, composto principalmente a due mani da Harnell e Le Tekrø, oltre a contributi sporadici di altri musicisti fra i quali in misura maggiore quelli di Morty Black, rappresenta un cambio di tendenza, anche piuttosto marcato, dalle brillanti sonorità ricche di sfavillanti cromature caratteristiche di un hard rock melodico di cui erano permeati i due citati dischi precedenti, verso un hard invece più asciutto, secco, minimale, dai contenuti più tradizionalmente legati alle origini del genere.

Per non rendere troppo traumatico il distacco (non privo di dolorosi strascichi: il groove viene, infatti, ad impoverirsi in calore e presenza), da quelle dolci sfumature musicali che tanto erano piaciute agli estimatori della band, la prima canzone, ‘Downhill Racer’, ripropone l’hard rock melodico dal marchio di fabbrica TNT, con una bella strofa armonica e piena cantata da Tony Harnell, ed un ritornello orecchiabile, senza però essere troppo sdolcinato e mieloso.
Eccellente il lavoro solista di Le Tekrø, che comunque si mantiene tale durante tutta la sequenza dei brani, proponendo assoli di chitarra vari, originali, armonici, cristallini e tecnicamente impeccabili.
Oltre alla summenzionata canzone, è inoltre da rimarcare ‘Mother Warned Me’, un riuscito esempio di Hard classico, ruvido, ma dal refrain melodico e pieno, caldo e assai corposo. Anche la successiva ‘Lionheart’, è una ballata ben interpretata da Tony Harnell, dall’andamento sinuoso, languido, melanconico, con un chorus in linea con lo stile originario del gruppo.
Stravagante nell’impostazione risulta invece ‘Easy Street’, che ha come introduzione un pezzo al piano dal sapore Saloon-Western, ben ritmata, allegra, dal groove caratteristico e dal buon ritornello da cantare in compagnia.
Altrettanto godibile ‘All You Need’, nona canzone del disco, in sostanza un Hard Rock ortodosso, secco, vivace ed orecchiabile.
A chiudere l’album, ‘Indian Summer’, brano dal tipico suono d’acciaio del gruppo, ricco di sfumature ed intarsi melodici, si rivela essere traccia piena e corposa, nobilitata da un bel ritornello chiaro ed orecchiabile.

Accanto a queste canzoni, è presente invece un pugno di brani tutto sommato piuttosto anonimi (‘Hard To Say Goodbye’, ‘Rain’, ‘Purple Mountain’s Majesty’ e ‘Rock ‘n Roll Away’), ove sia fa marcata la matrice Hard Rock eccessivamente ruvida che è stata descritta in precedenza.
In se’, i brani si lasciano ascoltare anche con piacere, ma scivolano via in maniera scialba ed insipida, senza lasciare particolare traccia nella testa di chi ascolta.

La classe non è acqua e, sia Tony Harnell, sia Ronni Le Tekrø, si mantengono ai massimi livelli artistici lungo l’intera durata dell’album, componendo ed eseguendo le varie canzoni del platter con la consueta classe ed eleganza.
Ciò che viene invece a mancare, è quella continuità stilistica che è caratteristica peculiare delle realizzazioni più difficili da dimenticare.
In sostanza, a parere di chi scrive, quello che identifica il punto debole del disco, è un songwriting relativamente dimesso, che non ha prodotto, nonostante i presupposti derivanti dall’elevato rango dei due musicisti coinvolti, canzoni indimenticabili o perlomeno tali da far innalzare la media del lavoro verso vette di assoluta eccellenza.

Daniele D’Adamo

Tracklist:

01 – Downhill Racer
02 – Hard To Say Goodbye
03 – Mother Warned Me
04 – Lionheart
05 – Rain
06 – Purple Mountain’s Majesty
07 – Rock ‘n Roll Away
08 – Easy Street
09 – All You Need
10 – Indian Summer