Recensione: Reborn

Di Andrea Bacigalupo - 20 Gennaio 2021 - 8:30
Reborn
Band: Ektomorf
Etichetta: Napalm Records
Genere: Groove  Thrash 
Anno: 2021
Nazione:
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75

Ho ascoltato per la prima volta gli Ektomorf nel 2018, quando è uscito ‘Fury’, il loro quattordicesimo album (o tredicesimo, a seconda di come si considera l’esordio ‘A Romok Alatt’ del 1995).

Per farlo con una certa intensità, per provare a capirli, ho dovuto mettere da parte tutti i paragoni con i Sepultura di ‘Chaos A.D.’ e di ‘Roots’ e con i Soulfly che mi assalivano, cercando di scordarmi l’avversione che provavo negli anni ‘90 nei confronti di queste sonorità che, a mio parere, se ben notevoli, andavano ad intaccare la genuinità del primo Thrash Metal.

Sono un Thrasher figlio degli anni ’80 ed all’epoca mi infastidiva parecchio vederlo declinare.

Oggi mi ritengo ancora tale, ma dall’inizio del nuovo millennio la tradizione Old School non è più da difendere, non sta rischiando di scomparire, anche se, forse, è più questione di musica che non di movimento.

Per cui, anche se con un certo ritardo, ho cercato di allargare i confini della mia mente, andando un po’ oltre quello che già conoscevo di band quali i già citati Sepultura di quel periodo oppure dei Pantera, dei Machine Head e degli Exhorder.

Alla fine il furibondo ‘Fury’ mi è piaciuto; non è un discone ma si ascolta bene, sia durante gli episodi più veloci che quelli più cadenzati, grazie anche a quella sfumatura ipnotica e caliginosa che lo pervade.

Mi ha, conseguentemente, incuriosito l’uscita del nuovo album degli Ektomorf, prevista per il 22 gennaio 2021 via Napalm Records, a partire dal significativo titolo ‘Reborn’, dall’iracondo demone in copertina, che pare il fratello rosso del diavolo di ‘Jump In The Fire’, il fantomatico singolo dei Metallica del 1984 (lo dico più per dovere che per necessità) e dall’ennesimo stravolgimento della formazione, già prepotentemente cambiata in occasione di ‘Fury’ ed ora nuovamente rinnovata per il 50%, con Zoltán Farkas ormai titolare indiscusso del monicker ed unico componente presente fin dalle origini.

Zoltán Farkas vuole crescere ancora e lo fa innestando nel feroce e pesante sound degli Ektomorf le melodie ed il tecnicismo della Vecchia Scuola, tirando fuori otto canzoni, per un totale di circa trentasette minuti, dall’anima corposa, irruente, decise e di forte impatto.

In definitiva in ‘Reborn’ non ci sono novità, il Thrash continua ad essere quello che è, ed anche per questo nuovo capitolo degli Ektomorf non bisogna fare caso ad un sacco di assonanze: la ferocia di molte strofe ricorda gli … le melodie i … lo wah-wah utilizzato in certi assoli fa venire in mente … mentre la tecnica utilizzata per altri richiama quella di … non parliamo poi della strumentale ‘Forsakken’, bella ma non tanto diversa da …

Insomma, pare che l’iroso chitarrista e cantante ungherese continui a cercare la propria vena artistica attraverso quella di altri.

Detto questo, l’album è più che valido. I brani si ascoltano volentieri e la violenza con cui vengono espressi ci fa involontariamente sbattere piede e testa.

I musicisti tirano alla grande, il songwriting è dinamico e sviscerale, direttamente gettato in faccia ma anche articolato, con spartiti composti per tenere alta la tensione.

A ritmiche spietate e prepotenti s’intervallano andature più malinconiche e disperate, la voce è ringhiosa e perennemente incazzata anche quando comunica tristezza, il lavoro di Twin Guitar è preciso e sostanziale e gli assoli sono incisivi e ricercati. C’è tutto quello che si può volere dentro un rabbioso album di Thrash Metal al passo con i tempi, suonato bene, con forza, passione ed esperienza.

Ebullition’ è un tuono a ciel sereno, veloce ed abrasiva, senza sosta, un ottimo inizio.

Reborn’ è un bel macigno che viene frantumato da un arpeggio per far strada ad un assolo nostalgico che non lascia indifferenti.

And The Dead Will Talk’ è un tempo medio pesantemente malvagio, fumoso ed avvolgente; mette ansia mentre ci si perde attendendo quello che i morti devono dire.

Fear Me’ è un Thrash ‘N’ Roll prepotentemente rallentato, con strofe violente ed un refrain autoritario.

Where The Hate Conceives’ si apre con un triste arpeggio che prende forza per poi partire a raffica spazzando via quello che incontra. L’interludio è potente e marziale con un cambio di marcia che spiazza.

The Worst Is Yet To Come’ è asfissiante e ti aggredisce con violenza quando ormai sei a corto d’aria.

La strumentale ‘Forsaken’ è un punto fermo: gli Ektomorf virano verso la Vecchia Scuola e ‘Smashing Past’ è il degno finale di chi vuole questo: veloce, immediata, senza compromessi, pestata fino alla fine.

Concludendo, ‘Reborn’ funziona e questo nuovo capitolo degli Ektomorf si legge volentieri. Oltre trent’anni fa c’è chi è passato dal Thrash al Post-Thrash. Oggi gli Ektomorf stanno facendo il contrario. Non ci resta che attendere gli sviluppi.

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