Recensione: Reconcile

Di Alessandro Calvi - 24 Maggio 2008 - 0:00
Reconcile
Band: Faceshift
Etichetta:
Genere:
Anno: 2008
Nazione:
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62

Cambio di monicker per gli svedesi Eternal Oath, cambio (parziale) di genere e nuovo esordio con questo “Reconcile”. Il nome Faceshift è tutto nuovo, ma i musicisti son rimasti esattamente gli stessi, e un po’ si sente. Dopo tre album di death sinfonico la band si scioglie, poi si rimette insieme e decide di cominciare a suonare gothic.

Con il nome e lo stile precedente la band non era riuscita ad emergere dalla massa principalmente a causa di una certa mancanza di originalità. I brani suonavano perlopiù come puzzle di canzoni di altri gruppi più famosi. Sempre composizioni ben fatte, orecchiabili, ben scritte, ma con un senso di dejà-vù perenne che prima o poi portava l’ascoltatore a cambiare cd.
Passan gli anni, cambia il monicker, ma la storia sembra ripetersi.
I Faceshift confezionano infatti un album che, traccia dopo traccia, strizza l’occhio ad Opeth (“Live the Lie”), Rain Paint (“Bound”), Katatonia (“My Own Demise” in particolare, ma tutto il disco ne risente), e qui e là fan capolino Amorphis, Paradise Lost, Entwine, Sentenced. Anche la voce sembra voler richiamare quella dei Nevermore, ma l’effetto non è in genere altrettanto carismatico. Il risultato è una scaletta molto varia, che si lascia anche ascoltare bene, ma che in definitiva non convince a causa di tutti questi tributi. Questa band manca di personalità e lo dimostra in ogni minuto di questo nuovo esordio, peccato perché le capacità compositive ci sono e le canzoni dimostrano che in sede di arrangiamenti i ragazzi ci san fare. Purtroppo dovrebbero mettere le loro doti al servizio di idee per una volta originali e personali.

Una nota a margine per la scelta della copertina. Difficile forse fare peggio per quanto riguarda il target a cui ci si rivolge dato che l’immagine è decisamente più adatta a un qualche gruppo metal-core. Mi domando quanti ascoltatori di gothic si avvicineranno a un album d’esordio con una copertina di questo genere e non lo eviteranno semplicemente pensando che appartenga a un genere che non gli è congeniale.

Per concludere, i neo-nati Faceshift confezionano un album sicuramente ottimo sotto il punto di vista tecnico-compositivo-produttivo, ma con ben poca anima. Come già con la band precedente i musicisti ci danno in pasto un cd che soffre di tante, troppe, citazioni. Le canzoni son tutte belle, ben scritte e ben suonate, che sicuramente faranno la felicità di più di un ascoltatore, ma al contempo sembran dovere tutte le propria paternità ad altri gruppi tanto è forte il senso di “già sentito” che comunicano. La speranza che è il gruppo inizi presto a camminare con le sue gambe.

Tracklist:
01 Reality/Fatality
02 My Own Demise
03 Self Appointed Victim
04 No Cure Sickness
05 Live in the Lie
06 The Dark Domain
07 Chokehold
08 Reconcile
09 Greater than I
10 The Craving
11 Bound
12 Conclusion

Alex “Engash-Krul” Calvi

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