Recensione: Reduced To Flesh
I Danesi Hatesphere hanno intrapreso il loro percorso musicale oltre venticinque anni fa con il nome Cauterized, che hanno mutato nel 1993 in Necrosis, mentre il definitivo monicker lo hanno assunto nel 2011. Da allora hanno sfornato dieci album, dei quali l’ultimo, ‘Reduced To Flesh’, previsto per il 19 ottobre 2018, sarà nuovamente sotto l’ala della nostrana Scarlett Records, la label che gli aveva dato fiducia all’inizio e con la quale avevano inciso i primi tre album.
Una carriera più che positiva, con qualche alto e basso e svariati cambi di formazione (ma chi non ne ha avuti …) che hanno portato il combo ad essere, odiernamente, una band diversa per quattro quinti rispetto agli esordi, rimanendo il fondatore Peter ‘Pepe’ Lyse Hansen l’unico superstite.
Questo però non ha portato gli Hatesphere a modificare il concetto impostato inizialmente: suonare un Death/Thrash fondendo completamente i due generi in un terzo rendendoli indistinguibili uno dall’altro, interponendo, grazie ad una buona apertura mentale, anche sonorità provenienti da generi meno estremi riuscendo così a dare ai brani svariate sfumature atte a frammentare gli assalti di grande furore e cattiveria.
Rispetto al Full-Length precedente, ‘New Hell’ del 2015, ‘Reduced To Flesh’, pur mantenendo la cupezza tipica del sound della band, è più orientato verso la velocità, sostenuta con buone dinamiche e cariche d’assalto all’arma bianca.
Il cantante è padrone della propria arte, sfoderando una voce dai toni duri e feroci che ben si adatta ai pezzi. La sezione ritmica è una macchina pressante ed assassina, che irrompe con violenza su qualsiasi cosa incontri. Gli assoli, anche se non sono sempre presenti, danno il giusto apporto melodico infiltrandosi nelle tessiture dei brani con buona enfasi.
‘Reduced To Flesh’ è un album brillante, con poche sbavature, che rappresenta pienamente quello che gli Hatesphere vogliono comunicare ed essere: diretti ma al contempo mutevoli, con buone variazioni del proprio songwriting per evitare di cadere nella trappola dello scontato e del monotono.
Dall’opera scaturisce tutta l’esperienza maturata in studio e, soprattutto, sui palchi, questi ultimi condivisi con elementi quali Hypocrisy, Soilwork, Chimaira, The Black Dahlia Murder e Gojira.
Tale esperienza è evidenziata nelle dieci tracce che compongono il platter.
La partenza è affidata a ‘Praeludium’, introduzione strumentale cupa ed ansiosa che mette sul chi va là prima di esplodere all’improvviso e chiudendosi subito dopo.
‘Corpse of Mankind’ è il primo vero brano: veloce, scuro e feroce ma al contempo intriso di un sottofondo melodico. Un assalto di batteria porta ad un tempo medio potente che improvvisamente rallenta, giungendo ad un momento di quiete prima della ripresa. Meglio di così l’album non poteva iniziare.
Segue ‘Nothing Is Definite’, anch’essa cangiante per mezzo di ritmi incalzanti e tempi più cadenzati, con un dinamico chorus che rende il refrain ancora più cattivo.
‘Ruled by Domination’ inizia con un riff vecchia scuola che porta il pezzo ad una velocità smodata. Il refrain va in controtendenza, lento e quasi psichedelico.
La velocità prosegue con ‘Reduced to Flesh’, inizialmente inarrestabile, con un assolo breve ma intenso. Il successivo cambio di tempo si contrappone alla velocità con strofe acide e malvagie che portano ad una sezione spettrale prima dell’accelerazione che riprende la trama iniziale.
Il brano successivo è ‘Can of Worms’, veloce ma intriso di ritmi più tipici del metal classico che lo rendono un brano vivo e frizzante; poi si trasforma per mezzo di un assolo intermedio molto melodico, che conduce alla velocità massima che chiude la traccia.
‘Lethal Mistakes’ ha un refrain quasi anthemico ed un momento disperatissimo, quasi cacofonico, reso ancora più struggente dall’uso delle tastiere.
La successiva ‘Petty’ fa spuntare a tratti una ritmica Hardcore, mantenendo la potenza che permea in tutto l’album.
Mancano ancora due tracce alla conclusione del lavoro: ‘Afterlife’, iperveloce e spettrale e ‘Despicable You’, un pezzo stoppato, con un assolo graffiante e con una sezione con controcanto in growl che porta ad una più che degna chiusura dell’album.
In definitiva, ‘Reduced To Flesh’ è un album essenzialmente completo e moderno, che esprime in pieno la maturità degli artisti e le loro capacità e le poche sbavature non lo compromettono affatto. Ottimo esempio di chi crede in quello che fa e porta avanti il proprio pensiero. Gran lavoro Hatesphere!!!