Recensione: Regression in mind
Dalla Maremma con furore arriva un nuovo roboante assalto death metal di marchio toscano. Al debutto discografico, dopo due demo convincenti che avevano ricevuto ottime critiche a destra e a manca, i Delyria hanno ora convogliato tutta la loro rabbia su questo Regression in mind.
La band di Grosseto è il frutto artistico delle diverse anime che la compongono: un mix di death metal, hardcore, thrash ed heavy metal classico, con un’unica direttiva però, creare un sound diretto ed aggressivo quanto più originale possibile.
Questo loro primo disco contiene gran parte del demo precedente, intitolato Tales from my Abyss, il quale spingeva maggiormente su territori old school, con una musica caratterizzata da una forte influenza dei Death di Chuck Schuldiner (basti ascoltare la voce di Andrea Germinario in quel frangente) e del thrash più aggressivo stile Exodus e Overkill. Si sono aggiunte a questi brani, composizioni di marca più recente, figlie della nuova direzione che i Delyria hanno deciso di intraprendere.
Nel complesso di una produzione molto migliorata e curatissima che ha seguito standard moderni e di taglio internazionale, quello che ascoltiamo è un album che mantiene inalterate le peculiarità maggiori dei Delyria di un tempo, che sono: l’aggressione sonora senza quartiere ed il gusto per un certo riffing di stampo classico; quello che abbiamo in più è il taglio differente che è stato conferito alla musica: una veste molto vicina a gruppi come gli In Flames di Anders Fridén o certi Dark Tranquillity per un verso, per l’altro verso a realtà metalcore affermate come possono essere i Black Dahlia Murder.
Regression in mind, il risultato di questa evoluzione, è una serie di tracce dal discreto potenziale esplosivo che funzioneranno alla grande in sede live. In scaletta si fa sentire, e molto, il peso di brani tellurici come Fall, Engraved in a web of hate ed Eternal slaves of the mirrors, tutti tratti dal lavoro precedente e, paradossalmente per me, proprio questi rimangono gli highlights che, anzi, acquistano nuovo vigore dal nuovo sound.
Esempi più calzanti per farsi un’idea del nuovo corso dei Delyria sono da citare, immancabilmente, l’opener Empty end for an empty man, con il cantato di Andrea, talmente aspro ed incazzato da rendere quasi incomprensibili le lyrics, le montagne russe di Eulogy e soprattutto una Artificial God Dimension che mette davvero in mostra le doti del duo di asce, affiatato come non mai, in un brano nel quale aleggia forte lo spirito degli indimenticati Death.
I Delyria dimostrano nuovamente il loro valore in questo disco preparato alla perfezione per sbarcare sul mercato internazionale, fatto di brani confezionati in maniera impeccabile, rabbia e testi nichilisti, ed un artwork, devo dire, magnifico, ad opera dell’artista francese Eric Lacombe. Quello che manca però è forse proprio un vero, deciso, balzo in avanti verso territori nuovi. Quello che si sente, infatti, è sì un prodotto di grande qualità, e di questo gliene dò atto ma, diciamoci la verità, niente di particolarmente nuovo.
Quello che resta non è comunque da poco, e cioè la conferma di un gruppo ormai pronto a tutto, per quello che ha dimostrato in passato e soprattutto con questo lavoro, l’ennesimo ottimo esempio di quanto la scena italiana sia cresciuta in questi dieci anni.
Francesco ‘Darkshine’ Sorricaro
Tracklist
01. Empty End For An Empty Man 04:05
02. Freedoom 04:02
03. Fall 05:47
04. Engraved In A Web Of Hate 03:11
05. Life Under Rotten sky 03:55
06. Far From Reality (Instrumental) 01:22
07. Eternal Slaves Of The Mirrors 05:02
08. Eulogy 04:26
09. Artificial God Dimension 04:24
10. Dark Omega 04:50
11. Lost 06:21
Durata totale 47:50
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