Recensione: Reincarnation

Di Stefano Ricetti - 8 Maggio 2015 - 9:32
Reincarnation
Band: Defyance
Etichetta:
Genere: Heavy 
Anno: 2015
Nazione:
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82

Defyance è un combo originario dello Iowa, attivo sin dal remoto 1989, caratterizzato da una storia altalenante, sino a poco fa foriera di tre release ufficiali – Amaranthine (1996), Time Lost (1999) e Transitional Forms (2002) – successivi al primo vagito sotto forma di demo, risalente al 1992 e intitolato Voices Within. A eccezione del disco del 2002, tutto il resto è stato riproposto dalla Minotauro Records di Pavia che, per certi versi a sorpresa, fa anche uscire il nuovissimo album dei quattro yankee di Knoxville, intitolato non a caso Reincarnation.

L’idea che porta al quarto full length dei Defyance nasce nel 2011 da parte del cantante Brian Harrington che contatta con il chitarrista Marcus Peterson. Nella stessa giornata (!) l’altra ascia Brent Scott si chiede come sarebbe se Brian rimettesse assieme la band e magicamente, all’improvviso, tutti gli incastri vanno al loro posto, nel momento in cui anche il batterista Doug Beary entra a far parte della famiglia riunita che, a eccezione del bassista J.J. Wagner, riesce addirittura nell’impresa di ricostituire la line-up del primo demo del ‘92.    

Reincarnation è un disco che riesce a emanare un qualcosa di assimilabile a quell’aroma tipicamente made in Usa che i Riot seppero proporre in maniera sublime. E questo non solo per l’arrapante timbro vocale di Brian Harrington – un mix fra Rhett Forrester e Gary Hughes dei Ten – ma per la perizia con la quale viene costruito l’impianto canzone, una delle peculiarità del combo del grande Mark Reale.

Acciaio in mezzo ai denti e tanta melodia al servizio della potenza: High Ground, l’opener, rappresenta l’archetipo del concetto sopra espresso. Fra spunti veloci – Rangers Lead the Way, interpretata alla grande da una Brian Harrington incredibile – e momenti più intimi di gran classe (Deeds not Words, Loved Honor More, Against you) Reincarnation decolla e non mostra particolari segni  di cedimento lungo i suoi cinquantadue minuti di durata, forte anche della propulsione epica garantita dalla grandeur di pezzi quali Fix Bayonets e From the Ashes.    

Successivamente a la brano Passing the Night in versione demo, probabilmente inserito per rappresentare un momento della storia dei Nostri, a chiudere l’album vi sono due-mazzate-due sotto forma di cover che,  come si legge nel booklet, i Defyance si sono permessi di reinterpretare solo dopo aver ottenuto l’ok dalle band madri: Wings of Destiny dei Fifth Angel e Sign of the Crimson Storm dei Riot: una doppietta non da poco! 

Defyance: quando i “grandi” vecchi sanno ancora stupire, una gradita sorpresa griffata Minotauro Records.  

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

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