Recensione: Reinsertion Of Aborted Remnants

Di Matteo Bovio - 6 Novembre 2002 - 0:00
Reinsertion Of Aborted Remnants
Band: Retch
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
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60

Una release estrema, incredibilmente estrema, ma che non colpisce nel segno: questa la prima impressione che lascia l’album di questi Retch. La band mi era totalmente sconosciuta, e deduco che questo sia il loro esordio. Una deduzione che deriva anche da alcune scelte palesemente penalizzate dall’inesperienza, che abbassano il giudizio di un album che poteva essere discreto.

I Retch si lanciano a testa bassa in un Brutal totalmente scarno di qualsiasi innovazione, che punta solo ed unicamente alla pura violenza sonora. Ed ecco che montagne di riff si susseguono ininterrotamente, supportati da ritmiche velocissime. Purtroppo la band utilizza una drum-machine programmata con palese ingenuità, che, se in certi passaggi può marcare la violenza propria del genere, nella maggior parte dei casi fa sorridere per l’utilizzo scontato. Tecnica da vendere per il chitarrista Justin Richey, che si dedica anche a saltuarie back vocals; nel suo stile sono palesi le influenze di tutta la scena floridiana dei tempi d’oro, e talvolta alla perfetta esecuzione corrisponde un’altrettanto perfetta scelta compositiva.

Un growl veramente assurdo (al punto che sospetto l’utilizzo di qualche filtro…) chiude in bellezza l’elenco degli strumentisti; a dir la verità il combo si riduce al chitarrista e al bassista-cantante. Cosa che, se non fosse per l’insufficienza della sezione ritmica, non si noterebbe affatto. Sicuro è che questi 4 pezzi ci mostrano delle ottime potenzialità, un’intransigenza pura che più pura non si può e la voglia di essere qualcuno; un’impresa difficile e ancora lontana da essere realizzata. Non solo nella drum-machine, anche in certi passaggi strumentali, la band è ancora troppo anonima e scontata. Manca in particolare incisività nelle sezioni più veloci, che si riducono ad uno sfoggio di blast-beat privi però di un adeguato supporto musicale.

I Retch hanno dimostrato di essere in grado di far male; purtroppo Reinsertion Of Aborted Remnants risente ancora di troppe cadute di tono per essere considerato completo come lavoro. Lascio che siano il tempo e l’esperienza a decidere per il futuro di questa band, intanto mi limito ad assegnarli una personale sufficienza, forse un pelino in eccesso. La prospettiva è comunque buona.
Matteo Bovio

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