Recensione: Remnants
A distanza di due anni esatti si riaffaccia sulle scene il curioso e particolarissimo progetto Magic Dance.
Formazione nata nel 2012 a Long Island per mano di Jon Siejka – polistrumentista americano di origini greche – i Magic Dance hanno rappresentato sin dall’esordio un fenomeno decisamente underground dedicato agli appassionati di AOR dalla matrice ottantiana.
Un modo di definire la musica proposta da Sielka che non è stato scelto a caso, magari in virtù di un qualche tratto affine a stilemi tipici di quel decennio.
Affatto: quello che si ascolta in uno qualsiasi dei cd realizzati dal musicista statunitense è, in effetti, un estratto concentrato di scenari, atmosfere, suoni e melodie che sembrano arrivare proprio da quell’epoca. Quasi che si trattasse di una qualche opera sconosciuta, edita nel 1985, recuperata, rimasterizzata con un taglio più attuale e poi lanciata sul mercato a beneficio dei pochi nostalgici ancora in circolazione (come il sottoscritto, ad esser sinceri).
Un’arma a doppio taglio, evidentemente. Se è pur vero che il vintage non passa mai di moda ed è protagonista costante di continue riscoperte, è altrettanto realistico pensare come la fascia di fruitori sia destinata ad essere sempre più esigua, limitata ad una pattuglia di appassionati che in determinati tratti sonori riconosce una parte della propria identità.
Imperterrito, Siejka continua a seguire il proprio istinto, concedendo solo qualche minima apertura all’elettricità di un AOR appena un po’ più ruvido del solito.
Merito forse di una band vera e propria che ora supporta il compositore americano e di una label come Frontiers, capace di plasmare l’attitudine dei Magic Dance attraverso suoni che si sono fatti parecchio più “contemporanei” rispetto agli esordi.
L’anima synthwave che caratterizza da sempre la creatura di Siejka, in “Remnants” è comunque ancora ben presente, seppur leggermente coperta ed in qualche modo pareggiata da accordi di chitarra che definiscono i contorni di un melodic rock sempre e comunque orecchiabile e “radio friendly”.
Musica gradevole, di facile ascolto: un qualcosa che potrebbe scorrere con pieno merito in una ipotetica stazione FM di romantica derivazione ottantiana.
Con una copertina fumettosa ed evidenti richiami ai “morti viventi”, personaggi che, proprio negli anni ottanta, avevano conosciuto notevole popolarità in tante pellicole a tema, “Remnants” si rivela essere un prodotto al solito di veloce assimilazione.
Sorretto da abbondanti dosi di melodia e molti accorgimenti tastieristici che alimentano i riferimenti ad ambientazioni eighties, ottiene particolare efficacia negli arrangiamenti mirati che, proprio in virtù dell’anima synthwave che si muove sottotraccia, completano un songwriting tutt’altro che dozzinale.
Non c’è da gridare al miracolo e probabilmente, anche in quest’annata di tribolazioni sarà magari capitato d’ascoltare qualcosa di più performante, convincente o persuasivo.
In un modo o nell’altro, brani con un sapore tanto retrò e demodé da risultare deliziosi come “Oh No“, “Cut me Deep“, “Change your Life”, “Restless Night” e “Til Your Last Breath” non potranno comunque passare inosservati.
Soprattutto per le orecchie di chi, memore di un’era remota in cui tutto era colore, spensieratezza e serenità, un po’ rimpiange sensazioni tanto positive che ormai non sembrano più poter appartenere all’attuale quotidianità.
Ascoltare un disco dei Magic Dance equivale ad inoltrarsi in un mondo che si è cristallizzato come per magia a trentacinque anni fa.
Un mondo che oggi appare nostalgico, romantico, forse pure un po’ malinconico.
Ma sempre tremendamente fascinoso ed accattivante…