Recensione: Remnants of Expansion
É la mano di “Remnants of Expansion” ad accompagnare l’anima nel buio del cosmo. Fra astri e galassie si scorge Atlante che, a fatica, porta sulle spalle il fardello della Terra con tutto il male contenuto al suo interno. I suoni pesanti e cadenzati scandiscono i passi del titano che vaga senza una meta precisa, in uno stato di devastante solitudine.
Un’immagine epica dà il volto al nuovo album dei Krypts che annega in un sound malvagio e vischioso nel quale resta intrappolata ogni emozione. Il disco prende le sembianze di una prigione visionaria priva di gravità da cui germogliano imponenti incubi dai volti sfocati.
Il denso e corposo death di “Remnants Of Expansion” si riflette su cinque specchi profondi che vengono graffiati continuamente dai lunghi artigli di un doom paranoico. Il quartetto finnico evoca una sequenza di allucinazioni e percezioni sonore che, come macigni, sbarrano la strada a fresche correnti di pace circoscrivendo paludi d’inquietudine destinate a proliferare.
Nel clima asfissiante del disco, le echeggianti chitarre oppressive si lasciano affiancare da una ritmica avvolgente e da toni lugubri e severi. In un crescendo di ansie e perdizione, i tempi dilatati subiscono graduali accelerazioni che vengono domate dalla voce di Antti Kotiranta, così abissale da incatenare la notte.
Rispetto al precedente “Unending Degradation”, sembra che in questo nuovo lavoro i finlandesi abbiano intrapreso un’ascesa viscerale dalle fiamme dell’inferno verso un freddo macrocosmo onirico. I Nostri hanno dunque affilato le loro lame compositive rendendole più penetranti a scapito di una maggiore introspezione sonora.
Nello stato di trance che versa “Remnants Of Expansion” nulla è immediato. In questo universo così vasto, ad ogni ascolto, emergono sfumature differenti inghiottite da una fitta nebbia di angosce che esclude qualsiasi punto di riferimento.
Sull’orlo di un precipizio temporale, il titano Atlante si ferma e vacilla: dinanzi a lui un buco nero nel quale abbandonarsi e porre fine all’incommensurabile fatica. Spinto dallo strazio, il gigante mitologico si lascia andare nell’oblio dell’ignoto, ma il senso di soffocamento gli appanna la vista ed una forza astratta lo riporta nel cosmo di follia.
Non c’è via di scampo, ai Krypts bastano soltanto trentaquattro minuti per dissuadere (‘Arrow of Entropy’), legare (‘Entrailed to the Breaking Wheel’) e schiavizzare (‘Transfixed’) colui che oserà addentrarsi nella loro perfida cattedrale celeste di vuoto assordante.
Daniele Ruggiero