Recensione: Renatus
Un artwork non proprio convincente presenta questo “Renatus”, quarta fatica in studio degli scandinavi Dynazty.
La band svedese avrebbe senz’altro potuto correlare l’album con un concept visivo maggiormente efficace, tuttavia, almeno musicalmente va riconosciuta al quintetto la capacità di aver allestito un lavoro massiccio ed ottimamente eseguito, intenzionato a mantenere alto il vessillo della fede nell’Heavy Metal tradizionale e sanguigno.
La potente “Cross The Line” spezza ogni indugio: squarciata da un devastante turbine sonoro orchestrato dalle due chitarre – abili nel costruire una solida struttura ritmica – la canzone si presenta sorretta da un drumming preciso ed ultimata dalle aspre melodie condotte egregiamente dal bravo Nils Molin, protagonista di un refrain melodico e battagliero.
Come da tradizione per la maggior parte delle produzioni scandinave, un suono asciutto e granitico, risulta perfetto nell’esaltare al meglio le capacità dei singoli musicisti coinvolti e, soprattutto, adatto nel dare lustro alle melodie immancabilmente poste in primo piano.
L’orecchiabile “Starlight”, brano breve ma davvero efficace, ne è altro buon esempio: un pezzo ancora caratterizzato da una serie di riff taglienti, mentre la componente melodica prende il controllo della situazione in un ritornello curato e dal vago sapore anni ’80.
La seguente “Dawn Of Your Creation” mantiene viva l’attenzione, conservando inalterata l’energia messa in pista sin qui dal combo svedese, il quale non perde occasione di dare sfogo a virtuosismi tecnici di primo livello: un guitar solo a tratti neoclassico, incastonato come un gioiello, sottolinea l’importanza della melodia nel sound del quintetto.
La potente “The Northern End”, sembra trasportare l’ascoltatore nel bel mezzo di una sanguinosa battaglia, rivelandosi uno dei migliori momenti di questo platter grazie, ancora una volta, ad un refrain epico e trascinante, il quale fa da preludio alla granitica e solenne “Incarnation”, canzone che permette all’album di rimanere su alti livelli qualitativi. La conclusione di una prima metà dell’opera del tutto riuscita ed evocativa.
Il gruppo non accenna comunque a frenare la propria corsa con la dilaniante “Run Amok”, traccia ancora contraddistinta dall’ottimo lavoro chitarristico allestito dai bravi Rob Love Magnusson e Mike Lavér, sempre abili nell’alternare riff violenti a parti soliste di ottima fattura.
La successiva “Unholy Deterrent”, pur non discostandosi molto da quanto proposto dalla band sin qui, riesce comunque a risultare sufficientemente gradevole: anche se meno efficace, si mostra comunque impeccabile nei suoni ed ottimamente interpretata dal già menzionato Nils Molin, vocalist davvero di primo livello.
“Sunrise In Hell” avvia il disco al termine, adagiandosi su velocità maggiormente controllate tanto da risultare quasi oscura e maligna.
La seguente “Salvation” rappresenta quindi un ritorno a sonorità più classiche; un altro episodio gradevole di questo “Renatus”, che si conclude sulle note della breve e oscura “A Divine Comedy”.
Un passaggio conclusivo che suggella in maniera superba un album sostanzioso, ben realizzato e privo di punti deboli, se non quello – in fondo del tutto marginale e secondario – dell’essere rappresentato da una copertina davvero inguardabile…
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