Recensione: Renegade

Di Stefano Ricetti - 17 Dicembre 2022 - 0:30
Renegade
70

Riccardo Strizzi (qui sua intervista del 2018) è una vecchia triglia del Metallo Italiano. Uno di quelli che ci ha creduto e che ci crede ancora. Nel 1980 diede vita ai Way Out, già recensiti su queste pagine web a sfondo nero  (Wheel Of Time) e fino al 2019 rimase il frontman di quella band, anno nel quale decisero di chiudere baracca e burattini.

La Sacra Fiamma, però, si sa, è difficile da estinguere del tutto e infatti Strizzi si cimenta in vari progetti successivi sino all’incontro con Massimo Canfora, chitarrista, session man e già membro di Bad Snakes e Reckless Fable che nel 2021 consiglia a Riccardo di mettere in piedi una band a suo nome.

Radunati al capezzale altri validi elementi quali Michele Raspanti (Graal, Uniplux, Anno Mundi, Secret Rule, Pizzy Griggi) al basso e Claudio “Dr.K” Cappabianca (The Prowlers) alla batteria il progetto Riccardo Strizzi prende quota ed è di poche settimane fa la pubblicazione dell’esordio della band su Cd. Renegade, questo il titolo del lavoro, si presenta in confezione digipak a tre ante senza booklet e vede la luce per Metal Zone Italia.

Dopo alcune passate del dischetto ottico si rafforza la convinzione che un’ugola forgiata lungo mille battaglie come quella di Strizzi non può lasciare indifferenti.

Renegade è il tipico album che trasuda libertà d’azione ed esecutiva da tutti i solchi. Altrimenti non si spiegherebbe l’eterogeneità delle dieci canzoni che lo compongono. Sia ben chiaro, però, la band di Strizzi non è che vada chissà dove, il recinto è ben serrato e non ammette contaminazioni di sorta restando fermamente in ambito hard rock e heavy metal. Briglie sciolte, quindi si diceva, che poi si traducono con la presenza di pezzi happy quali “Influencer” posti fra le lame affilate della title track e “Wild City”, un gustoso e robusto tuffo negli anni Ottanta nonché highlight del disco.

Leggerezza (“Rock’n’Roll Night”, “The Showman”) ma anche profondità (“You Can Die For Love”) mista a pezzi da rock arena (“Queen of the Sea”), ad alimentare una piacevole miscela in grado di costituire la  degna colonna sonora per un viaggio in auto, come di quelli che si vedono nelle pubblicità, con la mucca nel prato a sinistra e la casetta del Mulino Bianco sullo sfondo, non di certo imbottigliati dietro a un TIR sul GRA o a Borgo Panigale.

Renegade non inventa nulla di nuovo né ha la pretesa di farlo, semplicemente fornisce tre quarti d’ora di buona musica dura, scritta e interpretata con classe.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

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