Recensione: Renounce
Il debut dei Process of Guilt era uno dei più attesi, in ambito doom: il gruppo portoghese aveva già acquisito una certa visibilità grazie a due ottimi demo, che furono resi disponibili (e tuttora lo sono) per lo scaricamento gratuito sul loro sito ufficiale. Il loro primo full-lenght Renounce mette in luce una progressione qualitativa notevole: mentre il primo demo, Portraits of Regret, soffriva di un’eccessiva somiglianza coi Katatonia di Brave Murder Day(sebbene mostrasse anche indubbie qualità e spunti originali), il successivo Demising Grace già ostentava un songwiting più personale e ricercato, e Renounce segna un ulteriore passo avanti in questo senso, andandosi a imporre come una delle migliori uscite death-doom degli ultimi tempi.
Uno degli aspetti che maggiormente contraddistingue i Process of Guilt da altri gruppi doom è il loro stile essenziale, freddo, quasi “meccanico”, sia nella presentazione visiva dei loro dischi, sia nella musica. L’artwork di Renounce è costituito da foto confuse di edifici abbandonati, scalinate vorticose che conducono verso il vuoto, decadimento urbano simbolo di una solitudine interiore che va a corrompere ciò che ci circonda, una solitudine analizzata dai testi con razionale rassegnazione e gelido distacco. Musicalmente ritroviamo i Process of Guilt appesantiti nei suoni e nell’incedere, stavolta più omogeneo e lento rispetto agli esordi, e forti di composizioni sì coerenti con lo stile già consolidato nel recente passato, ma che ora fluiscono con più naturalezza, andando a mettere insieme i tasselli di quel puzzle vicino al completamento, ma ancora mancante di quella raffinatezza di cui Renounce si fa portatore. Riff ancora più pesanti che in precendenza s’intrecciano con stacchi puliti dalle melodie agonizzanti, capaci di trasmettere un palpabile senso di vuoto e di isolamento; il growl, che fin dai demo si distingue per la sua eccezionale potenza, lascia talvolta spazio ad una voce pulita bassa e profonda che racconta in modo calmo le distruttive vicissitudini di cui i Process of Guilt si fanno narratori. Fra le tracce spiccano l’opener, Motionless, che costruisce lentamente la sua pesantezza fino all’esplosione; Fragments, ri-registrazione di una canzone già apparsa su Demising Grace; Window, la canzone più lenta e malinconica dell’album; Crawl per la sua potenza, e la finale Burden grazie a degli stacchi acustici fra i più coinvolgenti dell’album. Se c’è una critica da muovere al platter, è che una produzione più pulita e limpida avrebbe forse giovato alla resa finale, ma non stiamo ora a cercare il pelo nell’uovo in un album che brilla per le sue qualità.
I Process of Guilt con Renounce si sono definitivamente affermati come una delle migliori realtà fra le nuove leve del death-doom, e questo disco è consigliato sia ovviamente a chi già li conosceva (così da poterne apprezzare l’evoluzione), sia a chi abbia voglia di ottimo death-doom, ben suonato e composto, che non inventa niente di nuovo, ma assesta i suoi colpi in maniera estremamente diretta, convincente, e qualitativamente elevata.
Giuseppe Abazia
Tracklist:
1 – Motionless
2 – Becoming Light
3 – Fragments
4 – Window
5 – Falling
6 – Crawl
7 – Burden