Recensione: Reroute To Remain

Di Alessandro Di Clemente - 4 Settembre 2002 - 0:00
Reroute To Remain
Band: In Flames
Etichetta:
Genere:
Anno: 2002
Nazione:
Scopri tutti i dettagli dell'album
85

In Flames – Reroute To Remain

Finalmente ho tra le mani la nuova release degli In Flames (schedulata per i giorni 2 e 3 di settembre per il mercato americano ed europeo), un album carico di aspettative dopo il discusso Clayman, che peccava forse troppo di intrapendenza sperimentale a discapito del songwriting non troppo pregnante e convincente. L’album parte con la title – track e subito si capisce lo stile che il gruppo di Goteborg ha voluto adottare: si riparte da dove ci avevano lasciati con Clayman e quindi sperimentazioni sulle atmosfere, sui suoni e sull’ uso della voce. Più si va avanti con l’ascolto di Reroute To Remain e più si rimane stupiti dal coraggio di osare di questo combo. Ritengo che si possa considerare un compendio di tutti gli albums sfornati in precedenza: troviamo le melodie NWOBHM care a The Jester’s Race, gli attacchi thrash a là Whoracle, le voci pulite e un po’ depresse di Colony, lo sperimentalismo sonoro quasi prog di Clayman e non mancano ovviamente le partiture death che hanno caratterizzato Lunar Strain; non manca neanche qualche richiamo al mitico Subterranean, con intermezzi folk di chitarra pulita (Dawn Of A New Day e Metaphor). Personalmente considero quest’ album un capolavoro poichè gli In Flames sono riusciti ad amalgamare il loro sopraffino gusto musicale con la voglia di progredire e non rimanere ancorati alla loro, forse, produzione migliore (The Jester’s Race). Quindi vanno bene le voci pulite, filtrate, all’unisono ed armonizzate con gli screamings cari ad Anders; synths a tutto spiano, anche se non snaturano il sound che comunque rimane abbastanza violento (ma ricordiamoci che gli In Flames non sono i The Haunted e forse per questo Jesper ha avuto bisogno di sfogarsi con i Dimension Zero); chitarroni stoppati in controtempo con la batteria e breaks acustici da brivido. Non vi è alcun calo di intensità proseguendo con l’ascolto dell’album, anzi devo ammettere che le migliori canzoni non sono le iniziali (anche se composizioni come System, Drifter e Trigger mi hanno fatto venire la pelle d’oca). Trasparent parte come se dovesse essere una song tratta dall’ultimo dei Dimension Zero, per poi assestarsi su dei binari percorsi già su Clayman, arrivati al ritornello si scoprono degli In Flames che si sono messi a giocare con il Nu Metal (ma che Nu Metal pero’) con voce pulita effettata. Dawn Of A New Day è una canzone acustica, nella quale Anders sfoggia una delle sue performances più profonde, come per Metaphor sembra che si siano messi a rifare il verso agli ultimi Anathema provocandoli con delle canzoni molto belle. Anche qui lo sperimentalismo non manca ed infatti la chitarra che crea la melodia è sì pulita ma effettata con un leggero flanger che la rende spaziale (un po’ come facevano nei ’70 le bands prog). Egonomic parte sparata, una song thrash/death come nella migliore tradizione svedese con dei breaks pesanti e cadenzati, arrivati al ritornello l’ascoltatore rimane stupito: ma sono gli In Flames o i No Fx? grandiosa veramente. Dismiss The Cynic ha un intro come se fosse una canzone estratta da The Jester’s Race ed arriva alla strofa con lo stile tipico di Colony…ma questo fino al ritornello, probabilmente il più convincente di tutto Reroute; hanno fatto propria l’esperienza di bands come ultimi Amorphis o Dark Tranquillity, ma anche To/Die/For. Free Fall inizia con un carillon la cui melodia viene subito ripresa dalle chitarre, una song mid – tempo, quasi prog metal con una tastiera di fondo che ripete il motivo; ormai i ritornelli puliti sono un classico trademark per il gruppo di Gelotte. Dark Signs, forse è l’unica un po’ sotto tono, non tanto per la qualità intrinseca della canzone, quanto perchè ripercorre più o meno quanto detto, ad esempio, con Dismiss The Cynic. Si arriva alla più volte citata Metaphor, un capolavoro di musica acustica (Anathema meets Alanis Morissette) con intermezzi di violino quasi country ed Anders Friden che canta veramente, probabilmente per la prima volta nella sua vita; tra l’altro il suo timbro non è neanche male, anzi si sposa perfettamente con le atmosfere malinconiche che Bijorn e Jesper creano con le chitarre. L’album si chiude degnamente con Black&White, una canzone non troppo veloce ma che ispira incazzatura dalle prime note, sfociando nuovamente in un ritornello che, almeno a livello vocale, ricorda un po’ il Nu.

Da quando gli At The Gates non esistono più, i Dark Tranquillity si sono persi nelle loro elucubrazioni pseudo-alternative, l’unica band che riesce ancora a dettare legge sono loro: gli In Flames, che anche con quest’album indicheranno alle nuove leve una strada mai percorsa in precedenza; ovviamente ci sarà chi, i chiusi di mente, gli intransigenti, storcerà il naso (ma lo storcerà parecchio) sentendo quante influenze extra melodic death vi sono, consiglio loro di andarsi a riprendere il buon vecchio The Gallery o Slaughter Of The Soul (che tra l’altro è stato ultimamente ristampato). Invito i più coraggiosi ad acquistare senza pensarci sù due volte questo Reroute To Remain che ritengo sarà la svolta per gli In Flames, azzardo a dire che puo’ essere paragonato, in quanto ad inventiva ed impatto sul metal europeo….ma direi mondiale, a Lunar Strain e The Jester’s Race.

Tracklist:

01. Reroute To Remain
02. System
03. Drifter
04. Trigger
05. Cloud Connected
06. Transparent
07. Dawn Of A New Day
08. Egonomic
09. Minus
10. Dismiss The Cynics
11. Free Fall
12. Dark Signs
13. Metaphor
14. Black & White

Alessandro “g0d” Di Clemente.

Ultimi album di In Flames

Band: In Flames
Genere: Death 
Anno: 2019
69
Band: In Flames
Genere: Alternative Metal 
Anno: 2016
67
Band: In Flames
Genere: Heavy 
Anno: 2014
75
Band: In Flames
Genere:
Anno: 1995
84
Band: In Flames
Genere:
Anno: 2006
80