Recensione: Resolution
I Lamb Of God rappresentano oggi, almeno in termini di successo e popolarità, una delle punte di diamante della musica pesante a stelle e strisce. Una band relativamente giovane (l’esordio con l’attuale monicker è del 2000), che si ripresenta oramai con una certa puntualità sulle scene, forte del sostegno della Roadrunner Records e con la certezza di poter contare su un seguito sicuramente notevole, che ha permesso a questo Resolution, il loro sesto album, di esordire piazzandosi nientemeno che al 3° posto della classifica USA Billboard, con ben 52 mila copie vendute in terra americana soltanto nella prima settimana dalla release. Messi per un momento da parte i vari big dal passato, ci troviamo quindi davanti ad un act che, assieme probabilmente ai compagni di etichetta Machine Head, incarna la referenza per il metal americano più pesante.
E’ quindi con una certa curiosità che si affronta l’analisi di Resolution, soprattutto alla luce dalle (timide, a dire il vero) sperimentazioni introdotte dal precedente Wrath. La primissima impressione, poi confermata dal prosieguo dell’ascolto, è che il quintetto di Richmond abbia puntato ad un marcato ritorno verso le sonorità tipiche del proprio DNA, ossia un mix di thrash/groove metal con inserti sludge e una spruzzata di metalcore, specialmente in certi rallentamenti (fortunatamente mai così banali come quelli così forzati tanto di moda ultimamente). Tanta concretezza, dunque, e la sensazione che i Lamb Of God abbiano tentato questa volta di andare dritto al sodo. Avranno centrato l’obiettivo? Parzialmente, come vedremo.
Dopo la breve quanto poco incisiva Straight For The Sun, Desolation rappresenta il primo vero e proprio biglietto da visita dei Lamb Of God versione 2012: classica opener veloce e accattivante nel tipico stile della band, thrash moderno, compresso, dal ritmo sincopato, carico di groove. Risaltano subito all’orecchio chitarre e batterie e questo sarà certamente il leitmotiv da qui in avanti. Buon pezzo, certamente nello stile più tipico dei Lamb Of God. Per Ghost Walking, primo singolo, introdotto da un breve fraseggio in salsa southern, si può dire praticamente lo stesso, anche se questa volta è lo splendido assolo che rimane impresso fin dal primissimo ascolto: è la buona occasione per spendere qualche parola per Mark Morton, chitarrista dotatissimo che non a caso si sta piano piano affermando come vero e proprio guitar-hero, grazie al suo stile così riconoscibile fatto di accordature in drop-d miste ad un vago approccio blueseggiante allo strumento, caratteristiche che lo hanno portato a collaborare spesso e volentieri con le maggiori riviste del settore.
Si prosegue sullo stesso tenore, con la quadrata e veloce Undertow, mentre The Number Six rappresenta uno dei moderati tentativi di uscire dal perimetro tipico della band, con un ritornello che ricorda vagamente certi Deftones e un break centrale soffuso e particolare. Siamo già a metà album con l’intermezzo strumentale fornito da Barbarosa (!?), senza momenti davvero memorabili (a parte, come detto, qualche passaggio di chitarra davvero degno di nota e diverse scelte ritmiche), ma senza nemmeno particolari svarioni o cali. L’”hardcoreggiante” Cheated dà un bello scossone al disco, che, altrimenti, correrebbe il rischio di incorrere in una certa compattezza fin troppo lineare e, a dire il vero, anche Insurrection aiuta a mischiare le carte in tavola, con i suoi momenti più puliti e ragionati.
L’impressione per chi scrive è che i Lamb Of God abbiano dato alle stampe un lavoro sicuramente fatto bene, ma fin troppo conforme al loro stile più tipico e che le variazioni sul tema siano state inserite un po’ artificiosamente, più che altro per spezzare la routine. Ma non si tratta di un brutto disco certamente, basti pensare, nella seconda parte dell’album, al fraseggio di chitarra (ancora!) che accompagna il chorus di Terminally Unique, all’attacco thrash di Visitation e, più in generale, alla maestria mostrata dai Nostri nel costruire la struttura-canzone, riuscendo a mettere in luce con la giusta alternanza voce e strumenti.
Qual è l’asso nella manica della band di Randall Blythe & Co.? Sicuramente il fatto di annoverare tra le proprie fila degli strumentisti non solo capaci, ma dotati di “quel” tocco che rende artista un semplice esecutore. Soluzioni di batteria mai banali, linee di chitarra che risaltano non solo nella classica fase solistica, arrangiamenti sempre sopra le righe (da notare, in questo senso, le backing vocals femminili in King Me). Resolution non è un album eccellente in quanto a contenuti (troppe canzoni nel tipico standard della band), ma riesce a distinguersi rispetto alla massa di uscite grazie alla classe intrinseca dei Lamb Of God.
Vittorio “Vittorio” Cafiero
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Tracklist:
1.Straight for the Sun
2.Desolation
3.Ghost Walking
4.Guilty
5.The Undertow
6.The Number Six
7.Barbarosa
8.Invictus
9.Cheated
10.Insurrection
11.Terminally Unique
12.To the End
13.Visitation
14.King Me
Durata: 56 minuti c.a.
Line-up:
Randall Blythe – Vocals
John Campbell – Bass
Chris Adler – Drums
Mark Morton – Guitars
Willie Adler – Guitars