Recensione: Resurrection
Una volta tanto vale la pena iniziare a scrivere la recensione di un disco – Resurrection dei Burner -, partendo da una traccia diversa dalla prima, nella fattispecie la numero 11, ovvero Savage Killer, dall’omonimo singolo uscito nel 1982: Nwobhm allo stato brado, con le chitarre fumiganti a metà fra l’HM e la ribellione Punk. Grande l’influenza Judas Priest soprattutto nell’insistente refrain, rafforzata dalle foto interne, con un Andy Rotherham ancora ragazzino fasciato da una T-Shirt minimale con stampato il logo in stile simil-gotico del combo di Birmingham. Lay Down Your Arms, il pezzo successivo, si rifà ai biechi – ma inarrivabili per goduria -, cliché dell’allora nuova ondata inglese: quindi riff puliti e portanti con minimali variazioni di sorta da parte del resto degli strumenti. Altro bonus all’interno di Resurrection è il 7” Hammer Of The Gods, targato 1984, posto in chiusura, contenente tre song, che suonano decisamente più epiche e “costruite” della produzione precedente, cosa peraltro ben sottolineata dalla copertina riportata nel booklet interno: senza fronzoli ma tremendamente efficace. Da rimarcare l’inserto trasognato contenuto poco dopo la metà di Time Is On My Side.
Tutto questo preambolo per sottolineare la valenza storica delle ultime cinque tracce, per la prima volta nella storia ascoltabili tutte d’un fiato in formato digitale. Entrambi i singoli, infatti, furono fatti uscire in edizione limitata in vinile postuma da etichette differenti una manciata di anni fa. Parziale eccezione per la canzone Old Enough To Know Better, apparsa nella compilation Total Metal Attack (Old School Records, 2004). Pare paradossale, ma vista la voglia di riscoperta di band oscure o semplicemente sfortunate venutasi a creare all’interno del mercato, anche un gruppo come i Burner, nato ad Ashby-de-la-Zouch nel Leicestershire intorno al 1981, esordisce di fatto quasi trent’anni dopo la costituzione con un album vero. Dieci sono i brani inediti, risalenti a session fra le più svariate, dal 1984 al 2007.
Lo stile è quello classico anni Ottanta e le variazioni musicali sono risibili, a livello di struttura. Con il tempo la voce di Andy Rotherham è divenuta più piena tanto da farlo assomigliare, in più di un passaggio, a Sir Brian Ross (Satan/Blitzkrieg). Val la pena di segnalare un anthem come Why Now? dove al bastone si sostituisce la carota spesso e volentieri con gusto, la saxoniana Man Or Machine, gli input a la Black Sabbath in Calm Before The Storm e il pathos di Long Lost Friend.
Ancora una volta una label ormai da culto come la Heart Of Steel Records è riuscita a superarsi nelle sedici pagine del libretto: testi e storia della band misti a foto d’antan e recenti dei Nostri, più le due copertine dei singoli.
Quel grande universo siderurgico che va dalle scogliere di Dover al Vallo di Adriano meritava una riscoperta del genere.
Stefano “Steven Rich” Ricetti
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Tracklist:
1. Razor Wire Rock
2. Why Now?
3. Man Or Machine
4. Calm Before The Storm
5. Midway
6. Burner
7. I Bleed Speed
8. Long Lost Friend
9. Standing On The Edge Of Forever
10. SK2 (Resurrection)
BONUS TRACKS:
11. Savage Killer
12. Lay Down Your Arms
13. Hammer Of The Gods
14. Time Is On My Side
15. Old Enough To Know Better
Line-up:
Andy Rotherham – Vocals
Andy Richards – Guitar, Bass
Steve Peach – Drums