Recensione: Retoxed

Di Gaetano Loffredo - 23 Ottobre 2007 - 0:00
Retoxed

Sono dell’idea che un critico musicale, professionista o dilettante che sia, non dovrebbe mai esporsi eccessivamente, e a prescindere, a favore di un gruppo che lo affascina in modo particolare. Detto questo, mi concedo il lusso di uno strappo alla regola ammettendo un debole datato e sincero per questi House Of Shakira.
Il quintetto scandinavo si è formato a Stoccolma nel lontano 1991 e l’inusuale monicker ha alle spalle una storiella piuttosto simpatica: ve la riassumo in poche righe.

Gli House Of Shakira si chiamavano “The Station”, nome che si avvicinava oltremisura a quello della casa discografica svedese “The Record Station” e di lì a poco la decisione unanime di abbandonarlo fino a nuova idea.
Qualche settimana più tardi, il primo demo fu segnalato su una rinomata rivista tedesca che ne tesseva le lodi ma contestava il difetto di essere stato concepito da una band senza nome. Fu un lettore inglese, tale Geoff Noddings, dopo un concorso indetto dalla stessa rivista teutonica, a proporre il bizzarro “House Of Shakira”, derivante da un settore che non ha niente a che vedere con la musica: una boutique londinese di capi d’abbigliamento. Colpo di fulmine per il gruppo che ha accettato senza indugio un nome che, a detta loro, è come la musica che producono: la metafora di qualcosa che non è ciò che sembra. Sarà…

Retoxed, il quinto long-playing, è un ritorno all’insegna della tradizione. Il soffice AOR che aveva decretato il successo di Lint (opportunamente ristampato dalla Lion Music nel 2005) è l’elemento predominante della prima parte del disco, ma un’eccessiva dose di sperimentazione condiziona pesantemente la seconda.  Non faccio altro che chiedermi perché.
Senza inventare nulla, brani come Small Town o Crazy But No Fool entrano di gran carriera nei primi posti della classifica “canzoni AOR dell’anno”, merito di una attitudine melodica che è prerogativa del terzetto Lundström – Hallstensson – Eriksson, e merito di un cantante, Andreas Eklund, che interpreta alla perfezione pezzi costruiti attorno alla sua splendida voce.
L’atteggiamento professionale della band è minato da un produzione non sempre all’altezza e quando le costruzioni si fanno più complesse (Gabon Viper o High Above) il rischio è quello di incrociare passaggi caotici e confusi.

L’indole progressiva, quella neoclassica e un pizzico di hard rock sono caratteristiche implementate, come di consueto, nel sound degli House Of Shakira; le grossolane lungaggini e  un appiattimento generale della scrittura nel finale (Angel Dancer e la lenta Turkish Nights) però, non mi consentono di parlare di Retoxed come di un disco da avere a tutti i costi.

Come da cappello introduttivo, voglio essere sincero fino in fondo e ammettere che riponevo grandissime aspettative sul ritorno discografico del gruppo svedese. La percezione è quella di una band che non riuscirà a bissare i successi dei primi anni pur mantenendo accettabile la qualità del proprio operato.
I fasti di Lint sono lontani ma se volete deliziare il palato con un AOR genuino, delicato e non troppo pretenzioso, Retoxed fa al caso vostro.

Gaetano Loffredo

Tracklist:
01.Retox
02.Small Town
03.No Faith
04.Crazy But No Fool
05.Life And Death
06.Gabon Viper
07.High Above
08.Red Alert
09.Bloodline
10.Angel Dancer
11.Turkish Nights

Line Up:
Andreas Eklund – Lead vocals
Tony Andersson – Drums
Anders Lundström – Guitar, acoustic guitar
Per Schelander – Bass, fretless bass, keyboard programming, vocals
Mats Hallstensson – Guitar, lead guitar, acoustic guitar, vocals

Additional musicians:
Piano – Jörgen Schelander
Cello – Marcus Jidell
Percussion – Simon Rolnik
Vocals – Mikael “Zifa” Eriksson