Recensione: Retribution
Un uomo chiamato culo.
Se siete possessori di una copia di “Arte Novecento” dei Novembre, guardate i ringraziamenti nel booklet per trovare Dan Culo Swano in bella vista! Chissà che storia c’è dietro…
Detto questo, il buon Dan tutto fa tranne che cose col “dove non batte il sole”. Fa cose semplici, a volte semplicissime, ma il succo è altrove: cosa differenzia le opere di questa persona da quelle proposte dal resto del mondo nello stesso genere? Sul piano tecnico niente; su altri piani invece subentra quella qualità chiamata dai moderati “tocco”; dagli obiettivi “talento”, dagli sminuitori compulsivi “culo” (appunto, gira e rigira si finisce sempre lì), da chi le spara grosse “Akerfeldt”, da chi le spara ancora più grosse “la solita roba”, dal nostalgico “qualcosa già scritto in un anno multiplo di 80” perché il metallaro deve ragionare per anni ’80; dal futurista “roar o sgrang”; dal pizzaiolo preferisco “Gggiggi” e via dicendo.
Ciò non toglie che Dan Swano in questo periodo stia regalando perle di altissimo livello: solo un anno fa “The Inheritance”, a nome Witherscape, mancò lo status di capolavoro per davvero poco; tornano ora anche i Nightingale con un album praticamente perfetto. Roba si scritta, riscritta e riscritta ancora, ma chissenefrega: Retribution offre dieci canzoni una più bella dell’altra.
Partiamo dalla copertina, splendida, che rappresenta il disco al 100%: lo si può davvero intendere come un’onda gigantesca intenta a travolgere tutto. Inseritelo nel vostro lettore e venite spazzati via da composizioni eccellenti in grado di monopolizzare il vostro stereo per molto tempo. Che musica suonano i Nightingale? Teoricamente lo si potrebbe chiamare prog rock, ma si esprimerebbe un concetto piuttosto tirato per i capelli; diciamo invece che si tratta di un aor molto pompato e magniloquente, con una produzione iperbolica e una resa sonora pazzesca nonostante l’ariosità e la leggerezza delle composizioni. Ogni pezzo di “Retribution” potrebbe tranquillamente girare per radio e fare un figurone, non parliamo comunque di un prodotto ruffiano e studiato per guadagnare, ma di un’opera che trasuda passione da tutti i pori ed in grado di donare grande musica a chiunque fosse propenso a darle un’opportunità.
“On Stolen Wings” mette subito le cose in chiaro con tastiere piuttosto invadenti e un incedere molto evocativo: la voce di Dan risulta perfettamente a proprio agio ed è micidiale: entra immediatamente nella testa dell’ascoltatore che, nella maggior parte dei casi, canticchierà le canzoni di “Retribution” praticamente al primo ascolto.
Presto vi accorgerete di uno dei più grandi pregi dell’album: i soli di chitarra. Sono uno migliore dell’altro e perfettamente inquadrati nei pezzi; danno sempre il giusto respiro e non sono mai volti a soddisfare l’ego dell’esecutore.
“Lucifer’s Lament” rallenta appena l’intensità in favore di una composizione più ariosa e soft: spiccano parecchio le chitarre acustiche e la seconda parte del brano che raggiunge vette d’espressività davvero notevoli. “Chasing The Storm Away” ha un sapore ottantiano e malinconico e un uso della tastiera che ricorda molto un certo Arjen Lucassen nei suoi svariati lavori; ovviamente di facile presa il ritornello, riproposto in maniera martellante con un buonissimo risultato. “Warriors Of The Dawn” ha il compito di indurire la proposta, con chitarre graffianti e di matrice più hard rock che accentuano molto bene la voce di Dan.
Il ritornello risulta meno potente rispetto alle aspettative, che vengono invece mantenute durante l’assolo centrale.
“Forevermore” sembra partire in maniera strappalacrime, ma i sospetti vengono presto fugati da linee vocali scanzonate e buone melodie che creano tutto tranne paranoie. C’è anche spazio per un ponte progressivo con tastiera e doppia cassa in primo piano, seguito da un assolo davvero spettacolare. Uno dei momenti migliori del disco.
“Divided I Fall” consiste in poco più di tre minuti di chitarra acustica, voce e tastiera: mantiene altissimo il livello qualitativo di “Retribution” ed è molto difficile che lasci qualcuno indifferente. Riesce ad emozionare ad ogni ascolto sinceramente e senza orpelli.
“The Voyage Of Endurance” esprime un lato dei Nightingale nuovo nell’album, cioè quello epico e cinematografico. E’ un pezzo molto hollywoodiano che si presterebbe tranquillamente come colonna sonora senza sfigurare affatto. E’ molto catchy e riesce a suo modo a caricare l’ascoltatore e a fargli rivivere ogni tipo di immagini. Decisamente riuscito. “27 (Curse Or Coincidence?)” ha un incedere iniziale da ballad pura, quindi bpm lento con chitarra acustica e voce. Il ritornello come da copione distorce la chitarra e “apre” in maniera cospicua come le tracce precedenti. Fantastico il ponte in cui subentrano ancora una volta sprazzi di prog che si rivelano un vero e proprio valore aggiunto e dosati alla perfezione.
“The Maze” torna ad indurire il sound con un hard rock piuttosto complesso; è il pezzo più progressivo dell’album e risulta tra i migliori. Non è mai scontato ed offre molti particolari diversi in più ad ogni ascolto.
Conclude l’opera “Echoes Of A Dream”, che è anche il pezzo del lotto col minutaggio più alto (quasi sei minuti). E’ un brano inizialmente acustico, poi distorto, che si rivela un finale non col botto ma decisamente adeguato e piacevole.
È giusto segnalare che in “Retribution” non esiste un brano che si possa definire brutto o filler, e già questo è un risultato enorme considerando il tipo di proposta.
Ora non rimane altro da dire: provate assolutamente ad ascoltare quest’opera indipendentemente dal vostro retaggio metallico. Potrebbe regalarvi grandi soddisfazioni.
Inutile invece sottolineare come obbligato l’acquisto per i fan di Dan Swano e del suo modo poliedrico di fare arte.
Gran disco, bentornati Nightingale!