Recensione: Return Of The King
Se esistesse un almanacco con elencate tutte le promesse mancate e le occasioni buttate dalla finestra nel mondo della musica, sicuramente i Santa Cruz avrebbero un capitolo dedicato a loro con tanto di foto.
Eppure la formazione finlandese era partita davvero bene quando nel 2013 esordì con Screaming For Adrenaline, un esplosivo gioiellino di hair metal allievo diretto del sound di band come Skid Row e Faster Pussycat. Un disco che li inserì di diritto nella nutrita schiera di formazioni scandinave fautrici della rinascita del genere street glam.
Poi con il secondo omonimo capitolo ed il successivo Bad Blood Rising cominciarono ad affluire certe influenze metalcore, tanto che la band stessa definì il proprio genere una sorta di glam-core. E già qualche purista avrebbe potuto dirsi contrariato, sebbene alla prova dei fatti anche in questi due album la proposta musicale risultasse ancora molto convincente. Le nuove contaminazioni infatti non snaturavano lo stile del combo finlandese tanto che pezzi come Bonefide Heroes, We Are The Ones To Fall e Young Blood Rising avevano una carica vincente che riusciva ad andare a segno.
I Santa Cruz alla fine iniziarono a raccogliere i frutti del loro lavoro partendo in un tour americano che li portò a dividere il palco con artisti come Fozzy e Sebastian Bach.
Ma gestire il successo è come maneggiare il fuoco: se non si sta attenti si corre il rischio di bruciarsi. Lo ha imparato bene il cantante Arttu “Archie Cruz” Kuosmanen che durante il suddetto tour si lasciò andare ad eccessi alcolici, incrinando i rapporti con il resto del gruppo.
Le cose poi precipitarono a seguito di un furioso litigio culminato con un Archie Cruz ormai fuori controllo, letteralmente sbattuto giù dal tour bus dagli altri componenti della band. Situazione che portò ad una frattura incolmabile. Quindi tour annullato e band da riformare.
La ripartenza avviene nel 2019 con Katharsis, disco che abbandona il sound degli esordi sterzando bruscamente verso il metalcore, scelta stilistica che però lascerà l’amaro in bocca a più di qualcuno.
Ora a tre anni di distanza che i Santa Cruz ci riprovano con una formazione ulteriormente rimaneggiata: ecco arrivare quindi i neo acquisti Jerry Jade (chitarra), Randy McDemian (batteria) e Tommy Bradley (basso) che vanno a dar man forte al cantante e chitarrista Archie Cruz per la realizzazione del nuovissimo Return Of The King.
Già dalle prime note di Here Comes The Revolution però si intuisce che nemmeno con questo nuovo lavoro la band intende tornare sui suoi passi. Un riff pesantissimo ed un urlaccio iniziale dai marcatissimi richiami ai Pantera ci consegnano un pezzo pesante dal sapore groove, caratteristiche che troviamo ancora nella seguente Take Me To America. Due brani che puntano all’impatto sonoro dando, però, l’impressione di un tentativo un po’ forzato di apparire al passo con il trend corrente. Si cambia registro invece su Under The Gun, pezzo improntato sull’hard rock che scopiazza in modo neanche tanto velato agli Airbourne. E si arriva così al primo singolo e video di questo nuovo album: Disarm Me, una ballatona radiofonica dalla melodia facile che pare proprio studiata per il palinsesto di MTV.
Una partenza che lascia un senso di confusione in cui non si capisce da che parte vogliono andare i Santa Cruz. Infatti messo da parte lo street/glam degli esordi il gruppo pare ora concentrarsi su sonorità più al passo con i tempi. Peccato che lo faccia in modo confuso andando a pescare un po’ a casaccio fra i vari generi musicali più in voga. Si passa così dall’ alternative rock di Standing My Ground e Another Round per poi dare un contentino ai fans dei primi album con 10 Shots, un hard rock che strizza ancora l’occhio agli Airbourne. Gunshot mischia un po’ di street degli esordi con sonorità alternative tanto care ai nostri nei tempi più recenti.
Infine, come se il disco non fosse già abbastanza un minestrone di generi, la band prova a giocare anche la carta dell’easy listening. Ed ecco finire nel pentolone il pop rock di 1000 Sigarets, con cui Archie & company provano ancora ad amicarsi radio ed MTV. Il risultato finale non è niente di più di una canzonetta adatta a fare da sottofondo per qualche aperitivo al bar. Ma qualora gli aperitivi dovessero aumentare, qualcuno potrebbe anche iniziare a battere i pugni sul bancone con arroganza pretendendo gli Slayer. Stesso discorso con Would You Belive It, ballad ruffiana dalla melodia prevedibile ma che almeno sul finale ci regala un assolo di chitarra, non eccezionale ma comunque abbastanza apprezzabile. In chiusura Stay, un pop punk di ultimissima generazione, di quelli che anche i Blink 182 a confronto sembrano i Cockney Rejects.
Una compagine che pare aver perso la bussola e non sappia più quale direzione prendere quella che troviamo in Return Of The King. Un lavoro con cui i Santa Cruz buttano nel calderone più generi contemporaneamente nella speranza di riuscire a raggiungere una più ampia fetta di pubblico. Il risultato finale però è paragonabile ad un maldestro tentativo di vestirsi al buio per poi trovarsi, una volta accesa la luce, con addosso un maglione invernale, pantaloncini estivi e calzini spaiati. I Santa Cruz provano a mettere nel mirino molteplici bersagli ma alla fine non ne centrano quasi nessuno. E le poche idee indovinate non sono sufficienti a salvare le sorti di questo disco. Un lavoro che di certo non soddisferà i fans della prima ora e difficilmente ne procurerà di nuovi.
Il re sarà anche tornato, ma ormai ha sempre più l’aspetto di un nobile decaduto che ha pure lasciato la corona al banco dei pegni. Per quel che mi riguarda questo nuovo album è destinato a finire in qualche cassetto dove rimarrà a lungo. Meglio riascoltarsi ancora una volta Screaming For Adrenaline.