Recensione: Return of the Snow Giant
Quando si recensisce il disco di un gruppo come gli Overlorde, è quantomeno doveroso far precedere ogni commento all’album da una seppur breve carrellata di cenni storici per presentare la band. In questo caso ci troviamo di fronte a una storia che definire burrascosa è decisamente un eufemismo a causa di tutti i problemi che i nostri musicisti hanno incontrato.
Gli Overlorde nascono praticamente nel 1985 come una band di 3 elementi: John “Kong” Bonucci (basso e prima voce), Dave Wrenn (batteria e cori) e Mark “M.E.” Edwards (chitarre e cori). Le influenze della band sono naturalmente grandi nomi come i Black Sabbath, i Rush, gli Iron Maiden o i Judas Priest. Dopo poco tempo, all’inizio del 1986, il cantante Pat O’Donnell si unisce alla band e sostituisce Bonucci come vocalist, con questa line-up nel 1987 gli Overlorde registrano e rilasciano un loro primo EP di due lati su vinile contenente 5 brani. Un lato nero e un lato bianco, un’idea presa in prestito dall’album “Queen II”. Sul lato nero tre canzoni da studio: “Snow Giant”, “The Masque of Red Death” e “Overlorde”, mentre sul lato bianco due brani live: “The Longest Day” e “Time Machine”.
Nel 1988 però Pat O’Donnell lascia la band e viene sostituito da Rod Tyler Loiza, il gruppo si mette al lavoro per realizzare un demo, ma non lo finirà mai perchè all’inizio del 1989 gli Overlorde si sciolgono. I tre membri fondatori restano in contatto, ma si dedicano ognuno a progetti personali.
Solo verso la fine degli anni ’90 finalmente capita l’occasione di rimettere in piedi il gruppo, il loro EP, l’unica loro pubblicazione fino a quel momento, infatti era sempre stato un piccolo oggetto di culto per molti estimatori e le sempre maggiori richieste convincono finalmente i musicisti a tornare insieme. Siamo ormai nel 2000 e come nuovo singer viene chiamato niente di meno che Bobby Lucas dei Seven Witches, in men che non si dica gli Overlorde realizzano un demo di quattro tracce che si intitola “Overlorde 2000” ed è subito un successo. I brani vengono diffusi in radio un po’ in ogni parte del mondo e il cd riceve elogi ed entusiastiche recensioni da tutte le più grandi riviste e portali metal.
Gli Overlorde a questo punto non si fermano più e una dopo l’altra realizzano una serie di canzoni per compilation, tributi e collezionano una serie di importanti partecipazioni a vari concerti e festival in giro per europa e stati uniti. Il materiale per un album è praticamente già pronto e l’occasione per registrarlo capita nell’aprile del 2004 quando la Sonic Age mette sotto contratto la band per due album. A quasi vent’anni dalla loro fondazione gli Overlorde finalmente pubblicano questo “Returno of the Snow Giant”, il loro debut album.
Un debut album che sa di riscatto, di voglia di rifarsi per tutti questi anni di silenzio e che ovviamente non suona per niente come un’opera prima. “Return of the Snow Giant” suona giustamente come il prodotto di una band matura, d’esperienza, ma al contempo con la freschezza e l’originalità di una band nuova e non potrebbe essere altrimenti visto che questo disco ha aspettato quasi venti anni per vedere la luce. Vent’anni che non sono passati nell’immobilismo, qui si parla di heavy metal di marca ottantiana, ma non è un prodotto che alle nostre orecchie oggigiorno potrebbe suonare stantio o vecchio, tutto il contrario. Si tratta secondo me senza mezzi termini probabilmente di una delle migliori uscite del genere di quest’anno.
Ad introdurre l’album troviamo un soffio di vento che si fa via via più consistente, è il soffio gelido del vento delle alte vette, il teatro ideale del concept che sta alle spalle di questo disco, su cui si innesta un giro di batteria cadenzato ma per niente scontato (come a dir la verità il lavoro della batteria lungo tutto il cd). Tutto sfuma poi lentamente nella successiva “Snow Giant”, uno dei brani più vecchi di tutta la tracklist essendo già presente sull’EP dell’87, che è probabilmente una delle vere e proprie killer songs di questo cd. Un brano potente, aggressivo, melodico in cui la straordinaria voce di Bobby Lucas si innesta alla perfezione.
Con una tracklist così lunga è quasi impossibile citare tutte le canzoni, ma sicuramente non possono mancare di essere nominati brani come “Starcastle”, un brano leggermente più cupo degli altri con riff di chitarra a tratti più lenti e ossessivi, altre volte accelerati che in generale riescono a rendere questa una delle song più evocative.
A tenere alta l’attenzione del pubblico e a dimostrare a tutti una volta di più, se ancora ce ne fosse stato bisogno, le capacità compositive degli Overlorde contribuisce sicuramente “Mark of the Wolf” che con i suoi quasi nove minuti è il brano più lungo del cd. Ma è anche una delle song più belle presenti sul disco e una delle più elaborate con i suoi vari cambi di tempo e di melodia.
Critiche? Praticamente nessuna, si tratta di un album che sotto molti versi a mio avviso rasenta la perfezione: fresco, originale, per niente appesantito. Un disco che al contempo presenta una estrema maturità, il perfetto mix tra la voglia di fare, la freschezza compositiva di un gruppo giovane, appena nato alla sua prima pubblicazione e un gruppo maturo, esperto, con vari album ormai alle spalle.
Insomma, si tratta senza mezzi termini secondo me di un vero “must” per tutti gli estimatori dell’heavy metal degli anni ’80, sicuramente uno dei dischi migliori di quest’anno per questo genere e con ogni probabilità uno dei migliori da diverso tempo a questa parte, che rimarrà nelle orecchie dei fan per molto molto tempo.
Tracklist:
01 And the Battle Begins…
02 Snow Giant
03 Hell Hath No Fury
04 Starcastle
05 When He Comes
06 Metallic Madness
07 Blackness
08 Ogre Wizard
09 Mark of the Wolf
10 My Disease
11 Trapped by Magic
12 Colossus (Island of the Cyclops)
13 Overlorde
Alex “Engash-Krul” Calvi