Recensione: Return to Heaven Denied [Double Lp Version]
Il nastro va riavvolto all’annata 1998, quando un colosso come la Metal Blade si accorse che anche nel Bel Paese c’era gente con due colleoni così che sapeva suonare Power Metal di stampo sinfonico. Già i Labyrinth avevano detto la loro nell’esordio intitolato No Limits, con alla voce un certo Fabio Lione e non era quindi per nulla scontato che il secondo capitolo ufficiale su full length della loro storia riuscisse nell’impresa di succedere senza rimpianto alcuno al disco uscito nel 1996 per Underground Symphony.
Alla Metal Blade c’era colui il quale scoprì i Metallica, val la pena ricordarlo, tale Brian Slagel, mica l’ultimo cudeghìn sulla piazza… Il fatto che orientò le proprie scelte su di una band italiana, si promettente ma con alle spalle una storia ancora acerba rende l’idea della cifra della quale il talent scout statunitense fosse in possesso.
Ai Labyrinth di Rob Tyrant – che prese il posto di Lione dietro al microfono – Olaf Thörsen (chitarra), Anders Rain (chitarra), Andrew McPauls (tastiere), Chris Breeze (basso) e Mat Stanciou (batteria) venne fornita l’occasione della vita, che i nostri colsero al volo consegnando alla storia del Metallo tutto un discone con i controfiocchi.
L’occasione di tornare su Retrun to Heaven Denied la fornisce l’etichetta Pharagon Records di proprietà della Pick Up di Bassano del Grappa (VI) che al crepuscolo dell’anno passato s’è presa la briga di licenziare sul mercato il disco per antonomasia dei Labyrinth i versione doppio vinile all’interno di un packaging curato nei minimi particolari. Dietro a tale operazione c’è ben di più dello zampino di Gianni Della Cioppa, apprezzato cronista hard’n’heavy da una vita e uomo di infinita passione musicale. Rispetto all’originale del 1998 questa uscita vinilica riporta una differente, splendida copertina, per lo scriba molto meglio di quella ufficiale griffata Metal Blade – che, intendiamoci, mantiene e continuerà a mantenere il proprio fascino intatto – e all’interno delle due ante centrali riporta tutti i tesi dei brani presenti e una frase a ricordo di quel periodo dello stesso Roberto “Rob Tyrant” Tiranti. L’uscita è in sole 500 copie in edizione limitata e non è prevista nessuna ristampa futura.
Musicalmente, beh, c’è poco da aggiungere, su queste stesse pagine a schermo nero nell’aprile del 2005 venne pubblicata la recensione del disco (qui il link) così come la stragrande maggioranza delle riviste di settore si occupò di Return to Heaven Denied in tempo reale piuttosto che in modalità postuma proprio per il fatto che l’album passò alla storia come un disco epocale.
Poterselo godere su 33 giri doppio, per coloro i quali sono nati con i dischi neri dalle copertine grandi è libidine assoluta: i Labyrinth mettono a terra tutti i cavalli dei quali sono a disposizione e scrivono il disco che il pubblico di quel periodo sogna di poter ascoltare, andando oltre la lezione di grandi realtà del calibro di Helloween e Stratovarius, aprendo una nuova via al Power Metal di stampo più classicheggiante. A sgomitare, in quel periodo all’interno del palcoscenico europeo – e poi mondiale – c’erano anche gli illustri colleghi Rhapsody, che contribuirono a tenere in alto la bandiera tricolore del Metallo e spostare il baricentro di certe sonorità un po’ più a Sud, dando benefici all’intera scena tricolore.
Si passa dalle immortali mazzate Power facenti capo a Moonlight e Thunder a brani più ragionati e melodici dall’appeal tipicamente latino quali Lady Lost in Time e Falling Rain ma è davvero compito arduo fare una selezione ove mettere i buoni da una parte e i cattivi dall’altra. Return to Heaven Denied di fatto non presenta all’appello alcun filler e, oltre ai quattro highlight elencati poc’anzi mette in fila pezzi autoconsistenti uno dietro l’altro. Rob Tyrant, forte dell’incredibile esperienza maturata con i New Trolls e ancor prima con i defender Vanexa risulta mattatore assoluto dietro al microfono, assecondando appieno le velleità virtuosistiche del resto della band che non si risparmia in termini di compattezza e rocciosità. Seppur continuando una dignitosa carriera che li vede ancora assoluti protagonisti in ambito nazionale i Labyrinth con gli album successivi non seppero più ricreare, intorno al loro nome, il clamore e i ritorni commerciali assicurati da Return to Heaven Denied, che divenne il famoso album “dalla copertina viola”. Onore e gloria a loro, quindi, che in virtù di un discone seppero guadagnarsi le luci della ribalta del mondo metallico tutto, per un discreto periodo.
Stefano “Steven Rich” Ricetti