Recensione: Return to the Kingdom of Fife
A quattro anni di distanza da “Legends from Beyond the Galactic Terrorvortex” (2019), ritornano le battaglie nel Regno di Fife degli scozzesi Gloryhammer. Band dedita ad un power epico e surreale nata da un’idea di Christopher Bowes (Alestorm), il gruppo è ormai una creatura quasi autonoma dal suo creatore, sia in studio che dal vivo, come rivelato nell’imperdibile intervista rilasciata a Truemetal dal tastierista Michael Barber, che con Bowes condivide il ruolo di Zargothrax, Oscuro Imperatore di Dundee.
L’elemento di maggior rilievo rispetto al disco precedente è l’ingresso del cipriota Sozos Michael (Angus McFife II) al microfono, al posto di Thomas Winkler (Angus McFife XIII), allontanato dalla band, che nel frattempo ha fondato gli Angus McSix, con in lineup la chitarrista italo-cubana Thalia Bellazecca (ex Frozen Crown).
Con un disco dal titolo “Return to the Kingdom of Fife” i GloryHammer non potevano che restare fedeli a sé stessi, presentando un piacevole power metal che farà sentire a proprio agio i fan della band, già abituati al lessico e ai riferimenti degli scozzesi, dalle terre di Dundee a quelle di Fife, conditi con una valanga di hoots. I pezzi ricordano da vicino i Rhapsody ed i solisti di Luca Turilli di fine anni ’90/inizio 2000, con intro in latino, assoloni di chitarre e tastiere e cori ad ogni piè sospinto, impreziositi da echi più futuristici, a testimoniare l’inter-dimensionalità dei viaggi della band, che solo qualche anno fa ci aveva portato in un galattico quanto improbabile “Space 1992: Rise of the Chaos Wizards” (2015).
Col suo martello fulminante da far invidia a Thor, pur senza brillare in originalità e senza il carisma di Thomas Winkler, Sozos supera decisamente la prova, con una performance al microfono graffiante e molto pulita ed un timbro a parere di chi scrive migliore del predecessore. Ottima anche la produzione, che riesce a valorizzare il lavoro degli scozzesi. Molto meno convincenti gli inserti recitati (principalmente di Zargothrax e dell’Hootsman); semplici incisi non troppo prolissi che talvolta spezzano il ritmo e non aggiungono nulla all’aspetto musicale. Tra i brani degni di menzione, il singolone “Wastlend Warrior Hoots Patrol” che vanta anche un curioso solo di sassofono, più efficace della solo discreta opener “Holy Flaming Hammer Of Unholy Cosmic Frost”. Richiami ai Dragonforce nella velocissima “Vorpal Laserblaster of Pittenweem” con Sozos che vola alto con gli acuti, mentre marciano più trionfanti le corali “Brothers of Crail” e il mid tempo “Sword Of The Goblin Horde”. Da menzionare anche la lunga suite finale in perfetto stile rhapsodiano “Maleficus Geminus (Colossus Matrix 38B – Ultimate Invocation of the Binary Thaumaturge)” (come non voler bene agli scozzesi con un titolo così?), riuscitissima, coi suoi dodici minuti di montagne russe e fuochi d’artificio chiude un album abbastanza compatto e mai prolisso, decisamente in linea con i tempi di Spotify e che può essere tranquillamente ascoltato in un flusso unico, senza mai perdere la presa.
Pur non presentando praticamente nessuna novità nel percorso glorioso dei GloryHammer a parte il nuovo cantante Sozos Michael, “Return to the Kingdom of Fife” è un disco composto con gusto, ben prodotto, divertente ed epico come dovrebbe essere ogni buon lavoro power metal. Consigliato a tutti i powerelli e gli hoots là fuori che non hanno paura dello stregone oscuro Zargothrax!
Luca “Montsteen” Montini