Recensione: Revelation

Di Stefano Ricetti - 16 Febbraio 2022 - 0:05
Revelation
Band: Opera Nera
Etichetta: Autoprodotto
Genere: Hard Rock 
Anno: 2022
Nazione:
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76

Dov’eravamo rimasti con gli Opera Nera?

All’estate del 2020, quella del loro debutto intitolato Land Of Salvation.

Per i meno attenti val la pena chiarificare che dietro al progetto vi sono personaggi di lungo corso che da decenni dedicano anima e passione all’hard di casa nostra. Accanto al mastermind dei Loadstar (band attiva nella metà degli anni Ottanta) Alessandro Pacella Salinas (basso) troviamo Eduardo Spada (batteria), Marco Napolitano (chitarra), Alessandro Carrino (chitarra) e, last but not least, Tiziano Spigno, il cantante di Extrema, Lucky Bastardz e Kings Of Broadway. Uno che non ha certo bisogno di ulteriori presentazioni.

Revelation è il titolo del loro secondo full length e, come spiegato dagli stessi Black Opera napoletani, rappresenta un’antica abitazione  infestata, posseduta dai Black Sabbath e dai Pantera.

Prendendo a prestito quanto specificato nelle note di presentazione del disco, “le finestre divelte dal vento della notte hanno lasciato entrare fantasmi di flamenco, elettronica, alt rock. Questi spiriti hanno cominciato a parlare in spagnolo, tedesco ed inglese; lo fanno salmodiando, lividi di rabbia nel buio dei corridoi, provocando lo scricchiolio delle assi, spaccando i vetri. Nessuno si salva in quelle stanze. God left the building”.

Entrando nei dettagli, Revelation è un concept album sul rapporto tra uomo e divino. I testi e la struttura del disco ricalcano la forma della Messa musicale Cattolica. L’incipit latino è il veicolo per riscrivere il dialogo per eccellenza col sacro. L’io narrante si sente tradito da un Dio assente nel suo momento di difficoltà e lo maledice. Tutto il disco ruota intorno ad una narrazione corrotta e rovesciata dei testi della Messa Sacra. Nell’ultimo di questi l’uomo accetta l’assenza di Dio e lo accusa di non aver portato ciò che di più potente e semplice doveva: amore. Il disco si apre con il Kyrie Eleison, “Signore, benevolenza!” e si chiude con la frase “all I see is dark”.

Valeva la pena sottolineare la tematica trattata da Revelation che, come da copione, si accompagna a un libretto molto ben curato di ben venti pagine, con tutti i testi, varie foto dei singoli componenti la band e degli special guest, con le due centrali ad appannaggio degli Opera Nera al completo.

Dopo aver percorso con coerenza vari sentieri della musica dura, può arrivare il momento nel quale si senta l’esigenza di suonare in totale libertà quello che piace senza steccati di sorta. In quest’ottica vanno incasellate le varie anime racchiuse all’interno delle quattro mura di Revelation, per certi versi la continuazione di Land Of Salvation, altro lavoro pervaso dalla possibilità di osare senza per questo tracimare nel patetico.

Se ‘Kyrie’ e ‘Credo’ (con un coro à la Exciter) richiamano gli Slayer, sebbene appositamente calati nella parte e in linea assoluta con lo spirito di Revelation, ‘Benedictus’, vagamente Savatage all’inizio costituisce una traccia sospesa con Tiziano Spigno sugli scudi mentre ’Agnus Dei (Miserere)’ disputa campionato a parte per via del suo, affascinante, andazzo ispanico/arabeggiante, con al microfono Juan Murube. Pregevole la melodia contenuta a tratti nel pezzo successivo, ’Agnus Dei (Dona Nos)’, stesso discorso per la canzone numero due, ‘Gloria’. ‘Ite’ riporta alle ballad à la Guns N’ Roses e segna, in chiusura, l’highlight del disco, per lo scriba, grazie alla prestazione dietro al microfono di una magica Loretta Moretto e Antonio “Gomez” Caddeo, vecchia triglia dell’HM, al contrabbasso.

Revelation è lavoro ambizioso, intrigante, dalle stimmate adulte senza per questo rinnegare la giusta dose di violenza che sempre si ricerca in un disco  che si possa fregiare della valorosa caratterizzazione ‘hard rock’ o ‘heavy metal’. Come in altri casi quest’anno, necessita di più e più passate per “entrare in circolo stabilmente“.

 

Stefano “Steven Rich” Ricetti

 

 

 

 

 

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