Recensione: Riding A Black Swan
Facciamo nuovamente un salto dalle parti del circolo polare (insomma, in zona…), per prendere contatto con l’ennesima buona realtà hard rock prodotta a quelle latitudini: se nella nostra penisola l’interesse per certi suoni si va ravvivando con un certo impeto, in Scandinavia – semplicemente – il trend continua, eruttando come sempre qualcosa di notevole.
Autori di un debut album edito nel 2012 a titolo “Apocalyptic Youth”, gli svedesi Casablanca rinnovano la tradizione del buon hard rock iper melodico ed ultra-scorrevole che è quasi una sorta di marchio di fabbrica nazionale, esaltato da una scena che annovera acts prestigiosi quali CrashDiet, Backyard Babies e Crazy Lixx tra gli altri (giusto per citare i più noti, ovviamente!).
Proprio partendo da lì, dai melodic tunes tipici di chi ha fatto di anthem rock orecchiabili e grintosi una ragione di vita, anche il gruppo guidato da Ryan Roxie – guitar player già con Alice Cooper– e dalla ruvida voce di Anders Ljung – carismatico singer dalla classica aria tenebrosa e dai toni vicini a quelli di Jeff Keith dei Tesla – costruisce e manda a regime un sound fatto di chitarre rotonde e ritornelli veloci, quanto possibile canticchiabili e di buona memorizzazione.
Di certo, quando si parla di originalità, rottura di schemi precostituiti ed idee innovative, si tratta di qualcosa di molto diverso e lontano: le note sono immediatamente riconoscibili e conducono l’ascoltatore ad una identificazione univoca delle ispirazioni cui il quintetto intende far riferimento, ricollegando ogni accordo all’immaginario hard/sleaze che ha i soliti celebri esponenti di massimo riferimento.
Dobbiamo proprio nominarli per la milionesima volta? E vabbè: Mötley Crüe, Vain, Jetboy, Hanoi Rocks, Gen X, Kiss i già citati Backyard Babies e magari mettiamoci pure un’oncia di Thin Lizzy…insomma, band cui, ogni appassionato del genere, ha tributato almeno una volta un ascolto a volumi amplificati con scapocciamenti annessi.
Nella scia di cotante fonti illustri, il quintetto allinea un nucleo di brani scattanti e diretti ai quali non far tuttavia difettare un taglio levigato, talora, quasi ammiccante.
Selvaggi ma non troppo, coriacei al riparo da eccessi, grintosi senza aggressioni. Il gioco è chiaro: accalappiare in un sol colpo chi ama i suoni stradaioli e le charts di vendita, ambiente entro cui i Casablanca si sentono a proprio agio sin dagli esordi (almeno, in terra patria).
Il disco, va detto, è effettivamente fonte di un’esperienza piacevole che gratifica i padiglioni per un buon numero di passaggi consecutivi senza troppi cedimenti. Mostrando anzi, una sorprendente tendenza alla crescita con il procedere degli ascolti, aspetto non sempre rinvenibile in occasione di prodotti dalla fruibilità praticamente istantanea.
Non è, infatti, la vera e propria esplosività dirompente il vero cardine della proposta del quintetto svedese, quanto piuttosto, il profilo sornione di armonie che prediligono il “scivolare sotto pelle” al puro impatto emotivo, lasciando tempo di adeguate valutazioni a chi, armato di un pizzico di pazienza, vorrà concedere la meritata longevità a “Riding The Black Swan”.
Canzoni efficaci e gradevoli sin da subito. Approccio melodico non troppo banale per quanto facile e ben codificato entro schemi familiari.
La formula è buona ed i pezzi ne traggono giovamento, mettendo in sequenza una tracklist compatta e non eccessivamente lunga, che in episodi quali “Dead End Street Revisited”, “Barriers” e “Riding The Black Swan” (la canzone), lascia il segno e promette ottime performance sulle assi del palco.
I botti vengono però soprattutto nel finale, con il trittico tutto velocità e accordi saltellanti fatto da “Heartbreak City”, “No Devil In Me” e “Just For The Nite”, pezzi che faranno la gioia di ogni glam rocker del pianeta con una miscela che mette insieme Billy Idol, Mötley Crüe, Thin Lizzy, Kiss ed Hanoi Rocks, dal divertimento certificato con tanto di sigillo di qualità.
Detto di una produzione pulita e di un livello strumentale al riparo da incertezze (brava e molto precisa anche la drummer Josephine Foresman), ci ritroviamo a fare i conti ancora una volta con un assioma che non tarda a dare pure in questo caso gli esiti sperati.
“Se sono svedesi e fanno hard rock, probabilmente varranno almeno una decina di ascolti…”
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