Recensione: Rien ne suffit
Ai nostri amati ed odiati cugini transalpini non si può che tributare il giusto merito: nell’ultimo decennio, e non solo, spesso e volentieri Francia è sinonimo di black metal di qualità, e lo abbiamo rilevato piuttosto di recente con l’ultima uscita dei Seth. Il sottobosco che tuttavia maggiormente si approssima all’oggetto di questa disamina è quello prossimo alle divagazioni avanguardistiche di formazioni del calibro di Deathspell Omega e Blut aus Nord. Ma si badi bene, si tratta di una prossimità iperbolica poiché tutto ciò che i protagonisti di questa disamina, i Plebeian Grandstand, hanno da dire, è frutto di una ricerca personalissima e, se vogliamo, ancora più estrema, sostanziante un sound che li caratterizza indissolubilmente. Forti dunque di una discografia che li ha visti affacciarsi sulla scena fin dal primo decennio degli anni 2000, giungono alla loro più recente release con Rien ne suffit, titolo che già di per sé risulta come una dichiarazione di intenti. Potremmo difatti tradurlo come “Niente è abbastanza”. E che cosa questo significhi in termini pentagrammatici, è preso detto sin dall’introduzione. Che è elettronica. Ma non lo è in quanto pregna di synth vellutati o pura digressione psichedelica; quello che abbiamo tra le mani è un’industrial tendente al death industrial ed al power electronics e che nel retrobottega nasconde, ma non troppo, echi ad una Cold Meat Industry che in fondo non è mai tramontata. Industrial della morte, dunque rabbioso ed in grado di picchiare forte sulla psiche di un ascoltatore con una veemenza inaudita.
Eppure, non è finita qui perché quello che abbiamo tra le mani, com’è lecito aspettarsi, non è soltanto e semplicemente un disco elettronico. La traccia successiva lascia difatti implodere il granitico caos controllato di cui i nostri sono gli alfieri: riffing dall’andamento convoluto ed annichilente disegnano un paesaggio in cui le influenze post e -core alla Celeste fanno breccia in un black metal serratissimo e dissonante. E se l’intermezzo Tropisme riporta in carreggiata suggestioni che non sfigurerebbero in un disco di Trepaneringsritualen, Part maudite si presenta con un andamento apparentemente più classico, pur non designando cambi di tempo repentini e vorticosi, accompagnati da una prova vocale inumana, in grado di dipingere un paesaggio drammatico e, al tempo stesso agghiacciante. Il ritmo serratissimo mantenuto nella prima parte del lavoro è parzialmente spezzato da Espoir nuit naufrage, brano dal minutaggio maggiormente consistente che fa scorrere nella sezione iniziale un rumorismo disturbante su un surreale tappeto di applausi, cui segue un ipnotico giro di chitarra, rappresentante lo spunto da cui si dipartirà un’irruzione cadenzata e disturbante della sezione ritmica e delle linee vocali. Una certa inversione di tendenza è confermata dalla successiva Nous en sommes là, nella quale i Plebeian Grandstand sciorinano nuovamente il loro arsenale elettronico, al servizio di un impatto che è il più plumbeo ed angosciante possibile: afflati che abbiamo ormai imparato essere dominanti in questo platter. E Il conseguimento di tale obiettivo mediante lo sfondamento di qualsiasi barriera esistente tra i generi – figlia di una certa attitudine a la Sutekh Hexen, in qualche maniera – e la vincente scelta di far dialogare il black metal con quello che potremmo considerare il suo proprio corrispettivo, idealmente parlando, nell’alveo della musica elettronica, permettono di conseguire un risultato di sicuro impatto, da compulsare e ripercorrere preferibilmente al buio, in quelle serate in cui lo scivolare morbido nell’oblio del sonno ci è impedito per qualsivoglia ragione. Le ultime tre irruente tracce, scivolano nella apparentemente soffusa conclusione di Aube. Nulla è abbastanza, e dunque all’ascoltatore non è risparmiato l’ennesimo colpo di coda di un lavoro dinamico e quasi mai simile a se stesso.
Rien de suffit è, in conclusione, l’abisso nietzschiano che vi guarda dentro, e che, se oserete scrutare a vostra volta, vi regalerà impagabili soddisfazioni.