Recensione: Riot Avenue
Al terzo giro discografico, quello cosiddetto “della maturità”, di solito avviene una di queste cose.
Ci si trova per le mani un disco per lo più piacevole e con qualche spunto brillante, che conferma sostanzialmente quanto di buono realizzato sino a quel momento.
L’album si rivela una consacrazione definitiva che prospetta un songwriting completo ed una personalità certa, tali da lanciare il gruppo verso le vette del genere. Un po’ come successo recentemente per gli H.E.A.T..
Oppure, la release si mostra come interlocutoria, figlia di un po’ di indecisione e frutto di alcune modifiche che ancora non permettono l’attuarsi di un vero e concreto salto di qualità.
Autori nel 2007 dell’eccellente ma poco distribuito “Loud Minority” e tre anni più tardi dell’altrettanto valido “New Religion”, per gli svedesi Crazy Lixx – nel frattempo divenuti uno dei nomi di punta del rinnovato movimento rock scandinavo – ecco profilarsi il momento del terzo disco: proprio quello che spesso si rivela un passaggio cardine nella carriera di una band che, dopo un esordio di sorprendente qualità ed un successore di medesima caratura, è attesa al decisivo balzo verso il top della categoria.
Molte attese ed aspettative che per i Lixx, purtroppo appaiono soddisfatte solo in parte.
Parlare di flop nel descrivere “Riot Avenue”, certo sarebbe quanto meno riduttivo, ingeneroso e poco coerente. Darne un’immagine che stia a metà strada tra la prima e la terza definizione che abbiamo, un po’ scherzosamente, riportato appena più sopra, risulta forse più azzeccato e consono. Uno specchio piuttosto fedele di quanto udibile nella nuova fatica della band di Malmö, alle prese con un album dotato di numerosi buoni brani di solido hard rock, qualche spunto notevole ma, ugualmente, un pelo meno ricco, accattivante e spontaneo dei predecessori.
E soprattutto, fornito di un suono diverso che, in luogo del cromato ed esplosivo hard rock invaghito di Def Leppard, Poison, Skid Row, Danger Danger ed Alice Cooper, ora predilige un approccio maggiormente ruvido e scarno, infilandosi in scia ai classici Ac/Dc, Guns e Mötley, sino ad accostarsi – come dichiarato dalla stessa biografia d’accompagnamento – agli americani Buckcherry, portabandiera di un rock vigoroso, duro ed energico che tuttavia non concede particolari raffinatezze e si attiene ad uno stile molto semplice ed “asciutto”.
Intendiamoci, nulla di così male. A qualcuno la svolta stilistica, già annunciata a parole dal leader Danny Rexon, piacerà senza riserve e potrà garantire buone soddisfazioni.
Per chi al contrario, dei Lixx amava particolarmente il felice connubio tra sonorità ottantiane anthemiche e “rotonde” e l’hard rock stradaiolo da boulevard losangelino, il rischio di rimanere un po’ a bocca asciutta e con un pizzico di disappunto si renderà purtroppo manifesto e parecchio tangibile.
Possiamo supporre che alla base di questo cambio di rotta risiedano forse anche in parte le motivazioni dell’abbandono di Luke Rivano e Joe Cirera, bassista e batterista protagonisti sin qui della carriera dei Crazy Lixx, dimissionari appena terminate le recording session del nuovo cd. Quello che, ad ogni modo va sottolineato, è comunque l’oggettivo valore di alcuni brani incisi su “Riot Avenue”, in particolar modo, laddove il gruppo riesce ancora ad infilare il chorus ampio ed il ritornello ficcante. L’iniziale “Whiskey Tango Foxtrot” si allinea piacevolmente a questa formula, ricordando – insieme ad episodi come la title track “Riot Avenue”, “Church Of Rock” e “Young Blood” – un discreto ibrido tra i Leppard di “High n’Dry” ed i Mötley Crüe dell’era “Girls, Girls, Girls”.
Il resto, compreso il bel momento offerto dalla “southern” e polverosa “Downtown” (che al sottoscritto ha ricordato tantissimo gli ottimi Tangier), è ancora sano hard rock, di buona fattura e piacevole ascolto, però lontano dall’incisività e dall’eccellenza che popolava copiosamente i due album precedenti.
Il terzo disco dei Crazy Lixx, si prospetta insomma, come il proverbiale passaggio interlocutorio nella storia di una band ancora in cerca di una propria strada.
“Riot Avenue” non è affatto male, i pezzi buoni ci sono ed il potenziale d’ascolto permane. L’idea tuttavia, che l’insieme sia qualitativamente inferiore a “Loud Minority” e “New Religion” è altrettanto presente, accompagnata dallo sgradevole dubbio, qualora questa tendenza all’indurimento ed alla snellezza degli arrangiamenti, sia confermata anche in futuro, di aver smarrito uno dei più credibili eredi dello sfavillante e arioso hard rock degli anni ottanta.
Con un velo di delusione per chi, come il sottoscritto, proprio per tali sfumature molto apprezzava Rexon e compari.
Discutine sul forum nel topic dedicato ai Crazy Lixx!
Tracklist:
01. Whiskey Tango Foxtrot;
02. Young Blood;
03. Riot Avenue;
04. Fire It Up;
05. Downtown;
06. In The Night;
07. ChurchOf Rock;
08. Heatseeker;
09. Sweet, Bad & Beautiful;
10. Be Gone;
11. Only The Dead Know
Line Up:
Danny Rexon – Voce / Chitarra
Andy Dawson – Chitarra / Cori
Edd Liam – Chitarra
Luke Rivano – Basso / Cori
Joey Cirera – Batteria / Cori