Recensione: Riot Squad
No reason to believe in hollow peace
Rullo di tamburi, un arpeggio sinistro (la quiete prima della tempesta), riff orditi come saette incendiarie: sono i primi vagiti di Riot Squad, quinto sigillo di un brand a torto snobbato. Correva l’anno 1986: il prode Charly Steinhauer assumeva il comando di un plotone che, tra alti e bassi, avrebbe scritto pagine roventi dello speed / thrash continentale. Sono trascorsi appena venti mesi da Electrify; non era mai successo. Come il suo gemello, Riot Squad intesse brani dalla furia disarmante e un gioco di squadra che – merito di una produzione oculata – risulta ancora più efficace. La formazione è immutata: alla destra di Charly siede Kai Pasemann, arruolato dai giorni di Collision Course (2000); completano lo schieramento Olly Keller (al basso) e il duttile batterista Roland Jahoda.
Se l’opener non fa prigionieri, i brani successivi denotano giudizio nel coniugare melodie ricercate – di estrazione teutonica – e potenza di fuoco. Un binomio collaudato, che infonde notevole dinamismo al canovaccio di ogni episodio e prende le distanze da certo songwriting plastificato. Degne di menzione sono Riptide, la perentoria Evolution Reset (cugina dell’altrettanto ferale No Place to Survive) o Psychofficial, vero e proprio tributo ai numi ispiratori – Whiplash anyone? Hollow Peace, magistrale dal riffing epilettico della strofa al chorus, si piazza meritatamente tra gli highlight della discografia. L’altra faccia della medaglia è Nothingness, inciso dal piglio dark che spezza l’egemonia thrash metal dell’album; una gamma di suoni cristallini premia l’accostamento di rifferama claustrofobici a un bridge più intimo, arioso. Tacendo dei limiti canori di Steinhauer (guitar hero prestato al microfono, come ricorda Planet Terror), la performance di gruppo è mirabolante: nota di merito alla sezione ritmica, che asseconda con precisione chirurgica l’offensiva della coppia d’asce.
Affrancatisi dalla nomea di Metallica wannabes, i Paradox degli anni duemila non temono confronti; Riot Squad li pone senza dubbi nel (ristretto) club della vecchia guardia che ha dato un senso alla moda delle reunion. Più che una conferma, un balzo in avanti.
Federico Mahmoud
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Tracklist:
01 Suburban Riot Squad
02 Hollow Peace
03 Riptide
04 Rise in Rank
05 Evolution Reset
06 Nothingness
07 No Place to Survive
08 Dream Hero
09 Planet Terror
10 Psychofficial