Recensione: Rise Up

Di Filippo Benedetto - 9 Gennaio 2005 - 0:00
Rise Up
Band: Persian Risk
Etichetta:
Genere:
Anno: 1986
Nazione:
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75

Tra le bands che non hanno conosciuto la grande fama e il successo sperato, i Persian Risk meritano tuttavia di essere ricordate. La band si formò nei primissimi anni 80 e subì svariati cambi di line up, includendo nelle proprie file, agli albori della propria (purtroppo) breve avventura due personaggi “di spicco” dell’allora nascente movimento NWOBHM: Phil Campbell, poi entrato in pianta stabile nei Motorhead e John Derivelly proveniente dalle file dei Tygers of Pan Tang. Tra i membri che saranno in formazione stabile nel primo full lenght figureranno poi altri musicisti che ritroveremo in bands più conosciute come Tank e soprattutto Krokus.

Il debut album, dal semplice e eloquente titolo “Rise Up”, è un concentrato ben suonato di heavy-rock dove il gusto per la melodia felicemente si sposa con un sound roccioso e graffiante. Il disco nel suo complesso, pur non brillando particolarmente per originalità compositiva, si lascia ascoltare molto piacevolmente mostrando all’ascoltatore un completo riassunto dei più fortunati cliches del genere heavy e hard rock insieme. Partiamo dunque con la recensione vera e propria di “Rise Up”, lavoro ( è bene ricordarlo) che uscì postumo allo scioglimento della band solo nel 1986.

Ad aprire l’album troviamo la bella “Hold the line” che non ha davvero nessuna difficoltà a stamparsi nella mente grazie ad un riffone hard rock ricco di gusto per la melodia. Già da questo primo brano si nota il brillante lavoro in sede di songwriting messo a punto dal combo che si districa bene tra potenza hard e ben collaudate divagazioni quai melodic rock. Ben innestato l’intervento solistico che aggiunge il giusto groove al brano. Spicca ancor più in evidenza l’armonia nella seguente “Jane”, dove la band ci cimenta in melodie riflessive grazie ad un arpeggio morbido e “rilassato”. Il drumming è leggermente più cadenzato rispetto al precedente brano, senza però far perdere la fluida leggerezza del pezzo. Certo, questa track non brillerà per originalità, ma di essa colpisce più che altro il gusto per gli arrangiamenti e la buon esecuzione tecnico strumentale. Con “Rise Up” i Persian Risk irrigidiscono decisamente il sound e sfornano la prima song “heavy” del lotto. Grintosa e graffiante questa traccia si innesta felicemente nel filone NWOBHM grazie ad un riffing potente e deciso impreziosito da intrecci armonici che ripetono egregiamente la “lezione Thin Lizzy”. “Brave New World” è un’altra song interessante. Da notare  qui è l’accattivante  refrain principale, sostenuto da un “prepotente” riffing e molto ben inserito è il bridge melodico che offre un ottimo alibi per una divagazione di buon gusto armonico. Molto interessante risulta essere la seguente “Don’t turn around”, una cavalcata in pieno stile heavy metal che per l’incedere delle ritmiche e per il riffing tagliente sembra ricordare,   vagamente, lo stile dei gloriosi Saxon. Con “Sky’s falling down” la band tira fuori la propria anima “dark” con una semi ballad frutto di un tappeto acustico che fa da contraltare a improvvise incursioni elettriche che inaspriscono il triste incedere del bell’arpeggio (…che poi costituisce il fulcro del brano). Con la successiva “Break Free” il combo riprende a sfornare riffs più hard rock oriented, miscelando brillantemente la potenza con la melodia. Di grande effetto il refrain principale, enfatizzato da un riffing decisamente “pomposo”. La grintosa “Dark Tower” riporta il gruppo a “cavalcare l’onda” di un Heavy rock di grande effetto dove si distingue un lavoro in sede solistica accattivante e in grado di assolvere il ruolo di “trascinamento” del resto degli strumenti. Con “Rip it up” la band si lascia andare in un’altra potente e vivace cavalcata heavy metal, pregna anche questa volta di tutti gli ingredienti più classici e accattivanti della variante NWOBHM. In chiusura troviamo la bella “Women in rock”, una song essenziale nell’impostazione ma non per questo meno stuzzicante per le orecchie di ogni buon hard rocker. Gli elementi “giusti” ci sono tutti: il pomposo refrain, il trascinante riffing di base nonché l’elettrizzante assolo.

In conclusione I Persian Risk non saranno stati di certo una band “innovativa” e forse neanche autori di un lavoro “memorabile”,  ma hanno vissuto pienamente e degnamente la loro epoca; il movimento che li ha accolti nel proprio seno  ha permesso loro di sistemare un altro piccolo tassello nel grande mosaico della musica “heavy”. E questo, se permettete, dà loro pieno diritto di far parte della Storia della NWOBHM. 

Tracklist:

Hold The Line
Jane
Rise Up
Brave New World
Don’T Turn Around
Sky’S Falling Down
Break Free
Dark Tower
Rip It Up
Women In Rock
Too Different *
Sky’S Falling Down *
Dark Tower *

* bonus tracks

Line Up:

Carl Sentance  vocals
Graham Bath  guitars  
Phil Vokins  guitars 
Nick Hughes  bass 
Steve Hopgood  drums 

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