Recensione: Ritual
La Strana Officina, dietro questo particolare monicker si nascondeva un gruppo stramitico che segnò la storia del metal tricolore, ma che, tutto sommato, non godette mai della fama e dei giusti riconoscimenti. Ricordiamo tutti (spero) la tragica fine dei fratelli Cappanera, Fabio e Roberto, morti in un banale incidente stradale, il 23 Luglio 1993; non è retorica dire che con loro se ne andrà un’importante fetta del metal italiano, perché da allora in poi la Strana non sarà più la stessa (ed è anzi meglio non commentare la sua incarnazione odierna, i Cappanera). Il Mini in questione è il loro secondo lavoro (preceduto da un EP dell’84, “Strana Officina”, e che precede l’unico full-lenght “Rock’n’Roll Prisoners” del 1988) e comprende 4 canzoni di puro metallo che faranno la gioia di tutti gli amanti di tali sonorità.
Si parte con “The Ritual”, preceduta da un intro abbastanza inquietante che si interrompe bruscamente per lasciare spazio alla chitarra priestiana di Fabio. Il brano si apre con delle melodie di chiarissimo spampo “maideniano”, ma comunque bellissime; ed è così che l’intero mini-LP proseguirà, sulla scia cioè dei vari “Preti di Giuda” e “Vergini di Ferro”, godendo costantemente di un buon suono che valorizza tutti gli strumenti. Bellissima la linea vocale della strofa che raggiunge il suo apice nel ritornello “So come… Join the Ritual!”; ispiratissimo anche l’assolo, breve ma efficace e soprattutto adatto al pezzo, scevro di tutte quelle menate iper-tecniche tanto care alla maggioranza dei chitarristi odierni. Ma se “The Ritual” è un mid-tempo che raddoppia nel finale, preparatevi a saltare da una parete all’altra della vostra cameretta con “Gamblin’ Man”… Pauroso! Velocissimo! Immaginatevi un Lizzy Borden degli esordi più spietato, cioè con meno melodia. Ci troviamo infatti di fronte ad un brano speed molto priestiano in molte sue parti.
Chiuso il Lato A con una tempesta metallica, troviamo la ballad “Unknown Soldier”, che ha nel suo intro numerose armonizzazioni vocali per poi aprirsi nel pezzo vero e proprio. Piacevolissima è la chitarra arpeggiata che fa da sfondo alle strofe e, in parte, al ritornello, ottimo come ottimo è l’immancabile assolo, senza dubbio il migliore del disco. Si arriva all’ultimo brano, “Metal Brigade” che, come avrete già capito, è un inno, veloce come erano veloci gli Exciter ed essenziale come deve suonare un anthem.
I testi sono abbastanza canonici; si assiste ad uno strano rituale in qualità di prescelto in “The Ritual” per poi apprendere la storia di un uomo tanto fortunato al gioco d’azzardo quanto sfigato in amore. Ci si commuove (chi l’ha detto che noi metallari siamo rozzi e insensibili?) con la triste solitudine e le riflessioni sulla guerra dell'”Unknown Soldier” per poi scatenarsi con l’esaltazione del metallaro, urlando a squarciagola contro tutti coloro che ci guardano male perché “you’re not like them, with your bike and your leather”.
Signori, che gruppo! Mi prostro dinnanzi al vinile e al ricordo splendido di ciò che fu la Strana Officina e una lacrima se ne va per Fabio e Roberto… Only the good die young…