Recensione: Rituals
«Elysian fields, where all my troubles are over. Elysian fields, where all my songs will be over»
A due anni di distanza da “The True Shape Of Eskatos”, i ventimigliesi Plateau Sigma giungono al secondo traguardo intermedio di una, si spera ardentemente per loro, lunga carriera: “Rituals”, inciso per la Avantgarde Music, registrato e missato da Francesco Genduso presso gli Igloo Audio Factory, masterizzato da Magnus Lindberg, disegnato da Francesco Gemelli.
Cominciando la disanima di “Rituals” dal punto di vista testuale, occorre evidenziare che ciascuna canzone rappresenta un rituale dedicato a una divinità del Pantheon romano. Sesso, guerra, amore e morte s’intrecciano lungo le sei tracce del disco, definendone indelebilmente lo spirito, l’anima.
Il sensuale incipit arpeggiato di “The Nymphs”, che si ritrova in conclusione di “Rituals Pt. 2”, quasi a indicare che la vita è un cerchio che si chiude su se stesso, mostra immediatamente lo spirito forse più genuino dei Plateau Enigma. Quello, cioè, in simbiosi con la Natura e con tutte le emanazioni che da essa si dipartono in tutte le direzioni. Tanto è vero che, soprattutto nei passaggi presi per mano dalle clean vocals di Manuel Vicari, l’atmosfera bucolica somiglia maledettamente a quella del post-black, o eerie emotional music, che dir si voglia. Soprattutto nella stupefacente “Palladion”, delicatissima suite dominata da un refrain memorabile, visionario nella descrizione musicale dei Campi Elisi. La canzone, sostenuta sempre e comunque dall’ossatura doom metal che fonda la base stilistica dei quattro imperiesi, mostra una capacità compositiva eccelsa, davvero fuori dal comune. Un talento in grado di elaborare canzoni complesse ma allo stesso tempo semplici, costantemente pregne di qualcosa che le renda memorizzabili, individuabili; malgrado siano tutte delle lunghe suite, impegnative e necessitanti di molta energia. Per ascoltarle, per sentirle, per assimilarle, per farle proprie.
Una volta compiuto questi passi, “Rituals” entra nell’anima, con lentezza e in profondità, fedele agli stilemi primigeni del doom che, in taluni segmenti, assume le mortifere cadenze del cosiddetto funeral. Come nella pesantissima, pietrificata, lisergica “The Bridge And The Abyss”, spaventosa discesa negli inferi ove stavolta è il growling possente di Francesco Genduso a far da guida, funerea accompagnatrice di un infinito percorso all’ingiù lungo le scale non-euclidee che si trovano nei sogni. I morbidi tocchi di chitarra, poi, son sempre lì, a mantenere il legame con la realtà delle cose materiali. Come su un’altalena agganciata nel vuoto, “Cvltrvm” riporta le coordinate nella melodia del tipo di quella che aveva così ben contraddistinto “Palladion”, melodia cui i Nostri appaiono a proprio agio nello scrivere i passaggi più significativi di “Rituals”, anch’essa irresistibilmente epica in occasione dell’etereo ritornello.
Il soave inizio di “Rituals Pt. 1” mantiene il platter su standard artistici assai elevati, giacché i Plateau Sigma sono abilissimi a gettargli addosso un pesante vestito cucito dalla doppia cassa di Nino Zuppardo. Il doom, qui, assume massima valenza classica, ricordando i precursori del genere. Ma, una volta di più, è il passaggio atmosferico che dona a “Rituals” quel qualcosa in più che gli altri non hanno. La sensazione di trovarsi coricati su un verde e profumatissimo prato verde, a osservare le nuvole che corrono su un ceruleo cielo dall’aria cristallina, con vicino le ninfe a giocare con l’acqua pura di un laghetto argentato è forte, anzi fortissima. Come scatenare visioni mirabili ed eterne con la sola forza della musica, insomma, con l’inevitabile chiusura di “Rituals Pt. 2”.
Inevitabile poiché rappresentativa, in toto, dello stile dei Plateau Sigma, realtà pressoché unica nel panorama nazionale in materia di doom metal, realtà fra le migliori in campo internazionale. Rituals” è da avere, da fagocitare, da digerire, da assimilare. Per tutti quello che amano il metal a 360°.
Daniele D’Adamo