Recensione: Roads of Thunder
“il vento soffia impetuoso, la lune cerca un rifugio
ed il sole aspetta il suo turno …”
‘Vittoria’
Le prime pagine dell’Heavy Metal tricolore sono state scritte da un pugno di artisti la cui passione verso questa musica, dura ed anticonformista che arrivava da fuori, era veramente sconfinata.
Ad esempio Strana Officina, Vanexa, Death SS, alla fine dei gloriosi anni ’70, e subito dopo Crying Steel, Hocculta, Sabotage e molti altri, hanno percorso chilometri da un posto all’altro in cambio di una birra, a volte nemmeno per quella, pur di suonare, calcando i palchi di posti a volte infimi, ed hanno passato ore sullo stereo distruggendo testine ed appiattendo i solchi, tanto hanno fatto girare i dischi di Black Sabbath, Judas Priest, AC/DC ed Iron Maiden per cercare di carpire i loro segreti (citazione libera di un’intervista di Pino Scotto a J.L. Battaglion dei Royal Air Force).
A mio parere è improprio parlare di NWOIHM, non avendo gli Italiani inventato nulla. Preferisco il termine ‘Italia Metal Invasion’ per indicare un movimento nato così, spontaneo e sincero ma inarrestabile, la cui passione, anzi, la cui “fede”, usando il termine corretto, usciva con forza dalle loro canzoni, diffondendosi ad ampio raggio e risultando estremamente contagiosa.
‘Roads of Thunder’, ultimo lavoro dei Bergamaschi Thunder Axe, uscito quasi un anno fa tramite Thy Bare Tree, pur se figlio dei nostri tempi, vibra al pari di questi vecchi album: è soprattutto la passione dei musicisti che muove le dieci canzoni che lo compongono, che lo rendono vivo e forte. ‘Roads of Thunder’ è un album di True Metal, non c’è altro da aggiungere.
Qualcosa di questo gruppo guerriero, però, la diciamo lo stesso: nato nel 2001 e con all’attivo l’album ‘Grinding The Steel’ del 2013, oggi si ripresenta con una formazione rinnovata per tre quinti, sono rimasti solo Steve Zambelli, tra i fondatori, e Ivo Sangalli, dal precedente album.
La formazione si presenta compatta e le idee sono chiare: il Metallo eruttato da ‘Roads of Thunder’ è epico e massiccio e l’album scorre vie come una cascata di lava grazie ad un songwriting approfondito e ben sviluppato.
Il lavoro svolto dai chitarristi è sofisticato e va oltre il macinare riff su riff, con tante soluzioni asincrone, linee melodiche incalzanti, duelli ed assoli coinvolgenti.
Buona la prova vocale di Francesco Bergami, che riesce a dare la giusta impronta epica e drammatica a seconda dei momenti, con un’inflessione tendente al Power, ma senza l’uso di quei toni mega alti che obbligano ad un analgesico dopo l’ascolto e buono è il lavoro rocambolesco della massiccia sezione ritmica, supportato da tastiere riempitive, ma non pompose nei momenti di maggiore emozione.
In poche parole, si tratta di un lavoro ben curato nei dettagli e ben bilanciato, con brani articolati ma non prolissi ed una produzione non troppo spinta, volta a far percepire il lavoro di squadra così come deve essere sul palco.
Tra i brani, ‘Queen of Dispair’ è un inizio da manuale, proiettando nella mente un’orda di mitici cavalieri all’assalto (mitici nell’ambito del fantasy … nella vera guerra non c’è niente di glorioso), ‘Prodigal Son’ ha una sfumatura viking che ne amplifica l’epicità e l’articolazione dei cambi di tempo e dell’alternasi degli stati d’animo disperazione – indurimento di ‘The Last Rhyme We’ll Know’ mette in luce delle qualità compositive della band che non si trovano proprio in tutti. Veramente un bel pezzo.
Colpisce lo stacco tra un brano spinto come ‘The Choice’ e la successiva ‘The Kingdom of Deceit’, a metà tra la cadenza potente e la ballad, mentre ‘All About Me’ distende un po’ gli animi, con il suo refrain che guarda l’Heavy Metal più anthemico e canterino d’oltre oceano.
Infine, citiamo ‘Vittoria’, brano glorioso che parla del rientro a casa di Ulisse, la cui forza viene amplificata dal cantato in italiano.
Concludendo, ‘Roads of Thunder’ non è un lavoro che porta novità e le influenze che si percepiscono sono tante, per non parlare di quanto vengono citati gli Iron Maiden. In sostanza, si tratta ‘semplicemente’ di buono e sano Heavy Metal, puro, senza contaminazioni ed è proprio per questo che colpisce come un maglio. Grazie Thunder Axe per avermi fatto ricordare perché ci chiamiamo ‘TrueMetal’.