Recensione: Broken Soul
Secondo lavoro solista per James Robledo, talentuoso cantante cileno particolarmente noto in patria sia per la partecipazione ad alcuni programmi televisivi, sia per aver prestato la voce a vari progetti e band. Tra queste i Sinner’s Blood, con i quali ha esordito nel 2020 con The Mirror Star, uscito sotto il marchio della Frontiers Music. Inoltre, nel 2021, James inaugura la sua carriera solista pubblicando Wanted Man al quale dà ora seguito con il nuovo Broken Soul. Edito sempre da Frontiers, per questa nuova uscita Robledo si avvale della collaborazione di Nasson (chitarra) già suo compagno nei Sinner’s Blood, e di Jacopo Martignoni (batteria). Completa poi la formazione Alessandro Del Vecchio che, come nell’esordio Wanted Man, troviamo nuovamente ad occuparsi delle tastiere, basso oltre che della produzione.
La proposta del vocalist sudamericano si concretizza ancora in un hard rock/melodic metal su cui sbizzarrirsi con le sue capacità canore.
L’apertura è affidata alla title track, un hard rock con chitarre dal sapore moderno, caratteristiche che ritroviamo anche sulla successiva Real World.
Su Every Day l’aggressività è tenuta a bada a favore di una più posata malinconia. Caratteristiche dalle quali non si discosta neanche Victims With No Crime, che a dir la verità non brilla particolarmente, a parte un buon assolo di chitarra di Nasson.
Robledo, pur fra alti e bassi, si dimostra subito a suo agio in questo disco fatto su misura per lui, riuscendo a sfoderare prestazioni sia energiche che più pacate a seconda della situazione.
Over è una semi ballad supportata dal suono deciso della chitarra di Nasson.
My Own Hope invece si presenta come una traccia più cupa dove, quà e là, di strizza un po’ l’occhio a certe cose vicine al gothic. Dead City Lights è un altro hard rock melodico con buone rifiniture ma tutto sommato abbastanza prevedibile. Run And Hide dopo alcuni innesti symphonic nella fase iniziale, si evolve in un pezzo riflessivo con ricami di tastiere ad opera di Alessandro Del Vecchio ed un altro bell’assolo di chitarra.
Un album realizzato con mestiere dove tutti gli strumenti sono al loro posto ed i suoni limpidi. Nonostante questo, in più occasioni, lascia comunque un retrogusto di già sentito. Certo i brani sono tutti ben suonati, ed anche la produzione ad opera di Del Vecchio risulta curata, malgrado tutto però, Broken Soul non riesce a spiccare completamente il volo.
Già il precedente Wanted Man dava l’impressione di un lavoro un po’ precipitoso. Infatti scrivendone la recensione, avevo sottolineato come avrei ritenuto più proficuo concentrarsi sul secondo capitolo dei Sinner’s Blood e lavorare con più calma a questo side project.
Ora, non credo che James Robledo legga le mie recensioni, e men che meno abbia bisogno dei miei consigli, ma carte alla mano (o meglio disco nel lettore), invece di migliorarsi rispetto a certe sbavature presenti su Wanted Man, con Broken Soul ha fatto addirittura un passo indietro. Certo non ci troviamo di fronte a particolari brutture o brani orribili, ma non sono presenti nemmeno buoni motivi che facciano venir voglia di riascoltare il disco una volta terminato.
Sinceramente in un panorama come quello attuale, dove le uscite discografiche si accavallano. sarebbe lecito aspettarsi qualcosa di più. Non mancano alcune tracce indovinate, ad esempio Right Now Right Here, Run And Hide oppure la conclusiva To The End, composizioni che per quanto valide, da sole non bastano per trascinare questo album.
Probabilmente dopo aver raggiunto una buona notorietà in patria, Robledo punta con questo progetto a far conoscere il suo nome anche in Europa. In tal senso Broken Soul può essere inteso come un buon biglietto da visita per valutare le capacità canore del vocalist cileno, ma dal punto di vista compositivo non tocca particolari vette.
Un prodotto gradevole come sottofondo in un bar mentre si fa l’aperitivo in alternativa alla trap, ma se cerchiamo qualcosa da ascoltare in macchina o a casa meglio indirizzarsi su altre proposte.