Recensione: Rock and Roll Over
Finito il tour del loro successone “Destroyer”, qualcosa era cambiato nei Kiss. Non certo loro, no, quanto la loro immagine. Il look impossibile da non riconoscere, unito ai comportamenti dentro e fuori palco del combo infatti trasformò i Kiss in un vero e proprio fenomeno, positivo per carisma, feeling e, non ultimo, energia trasmessa al sempre crescente numero di fan (di ambo i sessi). Consci di questo, ma non dimenticando la loro attività in studio, gli americani si ritirano in studio per comporre il loro sesto album, che esce l’11 novembre del 1976 sotto il nome di “Rock’n Roll Over”. L’album, sulla scia di Destroyer e di quanto detto poco sopra, vendette come il pane, diventando il primo disco dei Kiss a raggiungere lo status il disco di platino. Obiettivamente il successo del disco, vedendola a quasi trent’anni di distanza, è del tutto pacifico e meritato. Parliamoci chiaro, i Kiss degli anni 70, la formazione originale con Simmons, Stanley, Criss e Frehley, era tecnicamente parlando tutt’altro che male, ma nemmeno all’altezza delle band Hard Rock che già imperversavano, o che stavano iniziando a farlo, però il carisma, l’adrenalina e lo spettacolo che questi 4 pazzoidi sapevano dare era davvero qualcosa che aveva pochissimi rivali, forse nessuno, il che contriubuì a creare un vero e proprio mito e delle vere e proprie icone. E’ incredibile che da pezzi oggettivamente abbastanza semplici dal punto di vista prettamente musicale potessero contenere una simile carica di energia,
tale da far passare tutto il resto in secondo piano, giustamente mi verrebbe da aggiungere. Ecco Rock’n’Roll Over è un altro perfetto esempio di quanto detto finora, e penso nessuno lo possa negare, tanto più che oltre al carisma già detto, il disco è davvero di buona fattura e molto, anzi, maledettamente piacevole da ascoltare.
Composto da 10 pezzi, tutti abbastanza brevi (tutti sotto i 4 minuti), questa sesta fatica dei Kiss si apre con uno splendido arpeggio e la (in questo caso) dolcissima voce di Paul Stanley, che ci accompagnano all’interno di “I Want You”, traccia che poi si sviluppa in un riff molto seguibile e tosto, con Ace e Gene che fanno la differenza, e Peter che dà una solida mano dietro le pelli della batteria. Nonostante si esegua praticamente lo stesso schema musicale per tutta la canzone, essa non annoia nemmeno per un secondo, a testimonianza della precisione compositiva del quartetto NewYorkese. Molto intrigante fin da subito è invece “Take me” allegro mid tempo dove a mio parere la situazione è presa in mano dal buon Paul Stanley, che ci delizia con un cantato davvero molto intonato. Molto belli e fascinosi il refrain e l’assolo (anche se brevissimo) per una davvero più che pregevole track. “Calling Dr Love” è si apre su dei pregevoli giri di chitarra, lenti ma molto ritmici, che portano a una buona song, dove però non mi piace
la cosa che in teoria la contraddistingue, ovvero il coretto che dice “Calling Doctor Love”, il che è una idea senza dubbio carina, ma poteva essere fatta meglio, almeno secondo me. come sempre Ace è dominante nelle parti centrali della song, con un assolo davvero lungo (per la media Kiss) e molto ben congeniato. Buono il cantato di Gene Simmons, ovviamente diverso da quello di Paul, più diretto e meno mieloso, ma altrettanto efficace. Sempre la testa di Gene dietro la composizione di “Ladies Room”, che si apre con una allegra intro chitarristica, un bel basso di accompagnamento e diventa una canzone molto ritmata, anche se tranquilla, e che però, come tutte le tracce precedenti, porta dirette sulla pista da ballo per scatenarsi con la propria signora. Molto belli gli effetti del cantato da parte di più voci contemporaneamente, con Paul e Gene che fondono le loro ugole alla perfezione. Subito molto deciso è l’inizio
di “Baby Driver”, pezzo davvero “duro” (consentitemi il termine, anche se evidentemente inappropriato), ma spettacoloso allo stesso tempo. La fusione tra tutti gli strumenti è perfetta, così come il ritmo che la song impone a chi la ascolta, che rimane rapito e si mette a cantare assieme ai make-uppati, fregandosene del resto, sempre per via di quell’effetto carismatico più volte rimarcato nella recensione. La canzone più lunga
di “Rock’n’Roll Over”, che poi lunga non è comunque (solo 3:47), è “Love’em and Leave’em”, che segue la falsariga delle precedenti song, ovvero tanta grinta, perfetta fusione tra gli strumenti e la voce, molta
allegria, e in questo caso una discreta velocità e un ottimo lavoro di Ace Frehley in fase di rifinitura, con tocchi di classe che accompagnano la chitarra di Stanley. Inizio di quelli che fanno dire ai profani “Oh that’s Rock’n Roll!” per “Mr. Speed”, canzone tra le mie preferite del disco e dei Kiss, dove la voce di Paul è la copia perfetta di quella di “Shout it Out Loud”, davvero a livelli eccellenti. Incalzante nonostante la non grande velocità, Mr Speed è il classico pezzo che ascolterei per volte e volte senza stancarmi mai. Se “Love’em…” era la canzone più lunga del disco, il premio della più corta spetta a “See you in Your Dreams”, solo poco più di due minuti e mezzo, ma che due minuti e mezzo! Adrenalina a mille per un pezzo dal basso in grande evidenza, più che nelle altre canzoni, e ancora una volta con gli stessi pregi che caratterizzano le precedenti canzoni. Altro assolo di Ace (secondo me l’elemento più sottovalutato in assoluto dei Kiss) degno di nota, che chiude a ritmo incalzante e in crescendo questo pezzo corto corto, ma davvero coinvolgente. Se Beth era stata la canzone che aveva attirato il pubblico femminile ai Kiss, “Hard Luck Woman” può essere considerata la sua degna erede. Molto “countryeggiante”, dotata di ottimo motivo di base, discretamente più veloce di Beth ma comunque dotata di dolcezza innata Hard Luck Woman rimane nettamente la canzone più romantica e da dedicare a una ragazza di questo “Rock’n roll Over”. Rock’n Roll Over che si chiude con la incisiva “Makin’ Love”, nettamente la song più diretta del disco, dotata di splendidi pizzichi di corda di chitarra in rifinitura, molto veloce ed esplosiva nel suo complesso.
A conti fatti che dire di questo disco. Beh se cercate esclusivamente la tecnica il voto è forse 70 (75 se va bene), e ve lo sconsiglio, dirottandovi su altre band. Se invece cercate il Rock fatto emozione, adrenalina e carisma, questo disco, che si differenzia dal precedente per essere senza dubbio meno esplosivo e più inquadrato, ma altrettanto contagioso, prende 100 e lode, come tutte le prime produzioni dei Kiss, quelli veri. Fate una media ponderata e scegliete se prenderlo, io l’ho fatto.