Recensione: Rock ‘n Milan
Dicembre: il 2018 è giunto al termine, il Natale ormai è alle porte e per tutti è tempo di regali.
Gli storici rockers statunitensi Steelheart, decidono di concludere l’anno in grande stile e di “regalare” a tutti i loro fans sparsi per il globo questo nuovo “Rock ‘N Milan”: album Live registrato nella suggestiva cornice del Live Club nella città di Trezzo sull’Adda (Milano), durante la quarta edizione del rinomato Frontiers Rock Festival.
Certo: sono trascorsi ormai molti anni dai tempi in cui gli Steelheart arrivarono a scuotere il panorama del rock americano e mondiale, pubblicando i seminali “SteelHeart” (1990) e “Tangled In Reins” (1992) che, ancora oggi, sono considerati pilastri essenziali dell’hard più stradaiolo e sanguigno.
Da quei momenti di gloria tante cose sono cambiate ed oggi, attraverso una formazione completamente rimaneggiata che vede il solo storico vocalist Michael Matijcevic superstite, i nostri dimostrano ugualmente di non aver perso la loro energia, preparandosi ad infuocare il palco del festival italico con uno show non molto esteso, ma sicuramente di ottimo impatto.
La setlist proposta dalla band è in verità assai ridotta ma, nonostante questo, abbraccia una discreta parte della discografia del gruppo e contiene momenti di puro godimento musicale, per la gioia degli appassionati di tutto il mondo.
Con grande potenza e decisione, gli SteelHeart irrompono sul palco milanese sulle note della risoluta “Blood Pollution”, brano appartenente alla colonna sonora del film “Rock Star” (le cui canzoni della soundtrack erano interpretate dallo stesso Matijcevic).
La produzione curata e cristallina pone in perfetto risalto l’elevata qualità tecnica del gruppo, naturalmente intenzionato ad allestire uno spettacolo devastante e memorabile per il pubblico presente.
La seguente “Livin’ The Life” è ancora un potente e gradito omaggio del combo statunitense ai fittizzi Steel Dragon e al film “Rock Star”.
Tra le ovazioni dell’estasiato pubblico italiano, i nostri tornano alle origini della propria carriera con la bellissima “Gimmie Gimmie”, accolta immediatamente con grande entusiasmo dalla numerosa platea e portata al trionfo grazie ad una performance infuocata e coinvolgente.
La trascinante “Like Never Before” mantiene le lancette del tempo ancorate al 1990 e al dirompente esordio della band. Anche in questo caso, a dispetto dei tanti anni trascorsi, la voce del grintoso vocalist stupisce ancora ed è supportata ottimamente dal resto della band, in cui si evidenzia l’ottimo lavoro svolto da una sezione ritmica agguerrita ed incessante.
La successiva “My Dirty Girl” presenta l’ultima fatica in studio degli SteelHeart (“Through Worlds Of Stardust”, pubblicato nel 2017) ma, sebbene il brano sia piacevole nel suo insieme, il gruppo non riesce a trascinare il pubblico come fatto finora e corre subito ai ripari, sfoderando una magistrale interpretazione della intramontabile “She’s Gone”, sempre intensa, emozionante ed immancabile nella stelist del combo americano.
Subito dopo, la bella “Cabernet”, riporta alla memoria le sonorità alternative che caratterizzarono “Wait”, quel terzo e particolare album uscito originariamente nel 1996 e fa da preludio ad un esaltante drum solo, orchestrato da uno scatenato Mike Humbert, il quale perquote le pelli del suo Drumset con grande potenza e precisione
Ormai quasi al termine dello show, i nostri incastonano due gemme immortali come “Everybody Loves Eileen” e “Rock ‘N’ Roll” (I Just Wanna)”, il cui riff iniziale continua a ricordare quello della celeberrima “2 Minutes To Midnight”, portata naturalmente al successo dagli Iron Maiden nel 1984.
Gli ultimi istanti della setlist sono scanditi dalla classica “I’ll Never Let You Go” (a dire il vero, qui confezionata in una veste non troppo convincente) e dalla piacevole “We All Die Young”, ancora tratta da “Wait”, per un finale un po’ inaspettato e più intimista, anche se ugualmente gradevole.
In definitiva, con questo “Rock ‘N Milan”, gli SteelHeart dimostrano di avere una grinta assoluta anche sul palco, sebbene sarebbe stata gradita qualche perla in più, specialmente da “Tangled In Reins”, inspiegabilmente ignorato tra lo stupore del pubblico presente.