Recensione: Rocket Attack

Di Fabio Vellata - 27 Giugno 2008 - 0:00
Rocket Attack
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Anno: 2008
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70


Avevamo già conosciuto la one man band The Man From The Moon circa un anno fa, in occasione del singolo apripista “My Home Town”, ep che aveva lasciato intravedere un potenziale di ragguardevole valore ed una versatilità ed attitudine all’eclettismo invero interessante.

Peculiare e senza dubbio “artistico”, il progetto prende vita da un’idea del fantomatico Micke Moberg, songwriter, musicista e cantante assolutamente ignoto al grande pubblico che, grazie al supporto della selettiva Black Mark (label che si è sempre distinta per la ricerca del “talento puro” a tutto campo) lancia sul mercato l’enigmatico “Rocket Attack”, disco, una volta tanto, legittimamente descrivibile come originale, multiforme ed a tratti insolito.
Il genere proposto non è, infatti, lineare e radicato in un filone ben preciso, ma predilige modellarsi su di una struttura sfaccettata e poliedrica, mutando di canzone in canzone, in un caleidoscopio di sensazioni variegate.

Partendo da un involucro vagamente assimilabile all’hard rock, i vari episodi tendono a dipanarsi su coordinate dissimili e mai troppo vicine tra loro: heavy, prog, rock, art rock (i riferimenti al grande Jeff Cannata sono chiari sin dalla cover), A.O.R., pop, dark wave ed un pizzico di disco dance stile anni ottanta (quella, per chi se li ricorda, di Russ Ballard, M.A.R.S. e Gazebo), confluiscono in un unico calderone che si offre con fascino ed indubbia ricercatezza, beneficiando di ottimi suoni ed eccellente confezione.

Se da un lato dunque, abbiamo a che fare con un album dal profilo affascinante, ricercato e meritevole di plauso, dall’altro è tuttavia impossibile non mettere in luce un paio di fattori purtroppo deficitarii, tali da non permettere al disco il raggiungimento di vette assolute.
A tal proposito, il primo e più evidente punto debole, è la voce del pur bravo Mr. Moberg.
Un approccio cantilenante, un po’ allucinato (i riferimenti vanno all’immenso Roger Waters, fatti i doverosissimi distinguo in termini d’interpretazione) e poco personale, è l’elemento che in più di un caso zavorra il buon esito dei brani, resi così meno vincenti di quanto potrebbero risultare con l’utilizzo di “corde vocali” maggiormente adatte alla bisogna.
In secondo luogo, è da rilevare una certa staticità di fondo evidente tra le pieghe, segnale di idee valide ed apprezzabili che, in alcuni casi, non hanno forse ancora trovato la piena definizione e rimangono abbozzate in attesa di ulteriori sviluppi.

Non mancano, in definitiva, pezzi sin da subito piacevoli e ben studiati, come il buon southern rock della già nota “Warmblooded Woman”, l’AOR di “Eagle Free” e gli spunti alla Savatage di “I’m Your God” e “Time Gives A Moment”, senza scordare la darkeggiante “Dance Mamma”, traccia che, come già sottolineato, chiama in causa qualche coordinata dance anni ottanta, con risultati che portano alla memoria quanto proposto da Johan Edlund dei Tiamat nel suo side project Lucyfire.

Insolito ed a tratti spiazzante, “Rocket Attack” è un album singolare e d’indubbio fascino che, come ogni cosa un po’ diversa dall’ordinario, necessita di qualche ascolto aggiuntivo per funzionare a dovere.
L’idea è ancora in embrione ma i presupposti sembrano di buona qualità.

Non resta dunque che attendere fiduciosi…

Tracklist:

01. Rocket Attack
02. Warm Blooded Woman
03. Eagle Free
04. Revolution
05. President Of Madness
06. In Love And Memory
07. The Walker
08. I Am Your God
09. Ice Man
10. Dance Mamma
11. Time Gives A Moment
12. My Home town

Line Up:

Micke Moberg – Voce e tutti gli strumenti

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