Recensione: Rolling Thunder
‘Rock ‘N’ Roll Will Nevers Die’ e così sarà finché ci saranno band come i fiorentini M.I.L.F. (acronimo di ‘Make It Long ‘n Fast’), dediti ad un Hard Rock viscerale e stradaiolo che invita a saltare su una moto per sentirsi liberi di percorrere a tutta velocità la strada che si perde nell’orizzonte (ogni riferimento a ‘Easy Rider’ è puramente fatto apposta).
Con il nuovo album ‘Rolling Thunder’, edito da Volcano Records e che segue il lavoro d’esordio ‘More Than You’, i nostri M.I.L.F. dimostrano di essere vivaci, istintivi e dotati di un potenziale elettrico ad alto voltaggio.
Ispirati tanto dai Motley Crue e dagli Aereosmith, quanto dagli AC/DC, i M.I.L.F. esprimono un sound selvaggio e personale, dotato di riff taglienti ed energici, una ritmica adrenalinica e devastante ed assoli lunghi e trascinanti, ma non si viene assaliti da un senso di nostalgia ascoltando ‘Rollin Thunder’, anzi, ciò che ci viene trasmesso è puro divertimento attraverso un’insolenza ed una spregiudicatezza di fondo espressa da chi ‘pare’ non voglia prendersi troppo sul serio.
Ho messo ‘pare’ tra virgolette per rendere chiaro il concetto che la band diverte e, molto probabilmente, si diverte, ma sulla sua serietà artistica non si discute: la preparazione c’è e si sente. Le chitarre sono magistralmente suonate, il basso segue linee potenti e precise e la batteria martella alla grande. La voce sembra nata per cantare questo genere ribelle; giusto per inquadrare lo stile, che è suo personale, Simone Galli ricorda vagamente, al sottoscritto, il compianto Kevin DuBrow, leader di quei Quiet Riot da cui sono passati tanti artisti strabilianti ed indimenticabili come i grandi Randy Rhoads, Rudy Sarzo e Frankie Banali. Ma non divaghiamo, che poi viene sì la nostalgia …
C’è parecchio in questo dinamico lavoro: in ‘Hottest Dream’ e ‘Sell Your Pills’ è la durezza del tempo medio a dettare legge, mentre il ritmo scorre veloce e prepotente in ‘Babe’ e ‘Blame it on the Vodka’.
I cori trascinano ed esaltano nella spensierata ‘Last Hand’ mentre ‘I Have a Dream’ coglie completamente impreparati. Ci sono molti modi per ‘spezzare in due’ un disco essenzialmente energico: una ballad, un pezzo strumentale, qualche follia sperimentale … ma una parte del famoso discorso che Martin Luther King tenne il 28 agosto 1963 davanti al Lincoln Memorial, reso ancora più struggente dalle chitarre che lo accompagnano, proprio non me lo aspettavo. Bella idea direi … originale (per quanto ne so, almeno).
Passato questo momento i M.I.L.F. scatenano la loro anima metal con ‘Peace of War’, pesante, dura e pestata con cori diretti ed essenziali. I ragazzi non sono solo degli inguaribili scavezzacolli, ci sanno fare.
‘Unleash the Beast’ è parecchio eclettica mentre ‘Crazy for Love’ è cupa quanto massiccia: un tempo medio che lascia il segno.
La determinata ‘Inner Fire’ dà la scossa e porta a non stare fermi così come ‘Bad Boys’, tirata a tutto vapore.
Chiude la cover di ‘Mama Kin’ degli Aerosmith, dal loro omonimo primo album del 1973. Confrontarsi con la carica animalesca di Steven Tyler e soci non è facile, ma la versione dei M.I.L.F. è convincente: resa sufficientemente personale ed attuale per non essere solo un omaggio a chi ha inventato quasi tutto, è il pezzo giusto per chiudere un album detonante quanto incisivo.
Non abbiamo altro da dire: ‘Rolling Thunder’ è un lavoro prezioso, una ventata di aria fresca. Ci voleva. Bravi M.I.L.F., vi aspettiamo sotto il palco!