Recensione: Roma, Vol:II
Hesperia, progetto tutto nostrano in continua evoluzione.
Avevamo infatti lasciato la creatura tricolore solo pochi anni fa, con un suono fortemente ancorato alle radici del NWOBHM, equindi allora del tutto estraneo alle radici che avrebbe ripreso parte ogggiorno: “Roma Vol.2” infatti, riporta il buon Hesperus alle prese con quello che è stato il primo amore del musicista nostrano, vale a dire il Black Metal e le sonorità estreme in genere.
Avvolto come da tradizione ‘Hesperiana’ da azzeccati campionamenti, spezzoni recitati atti ad accrescere il pathos generale e numerosi parti ambient dall’azzeccato flavour antico, il nuovo platter sembra ricordare un riuscito mix tra il Black Metal sinfonico più ispirato (tra Dimmu Borgir ed Emperor) e un certo Black/Thrash schizofrenico, il tutto ovviamente in una sala decisamente personale e dalla sontuosa epicità di fondo. Il legionario di Macerata ha anche questa volta infarcito “Roma Vol.2” con brani sempre azzeccati, mai banali e con una complessità di fondo che non risulta mai eccessiva, figlia di una mentalità anche in questo disco ancorata a un concetto ‘Progressive’ da intendersi in senso davvero ampio. Un brano come ’Romanvm Regnvm’ è esemplare in tal senso: un mood decisamente vorticoso, totalmente dinamico eppure non confusionario, con un piglio ben focalizzato sulla sostanza compositiva e che non perde mai di vista l’obiettivo principale che è appunto ammaliare l’ascoltatore.
Un disco che parte da un riffing di base decisamente più estremo rispetto ai recenti fasti passati, ancorato al Thrash Metal più spigoloso per poi rigettare il tutto nell’intenso focolaio fascinoso dell’Antica Roma che fu: un risultato finale che ben descrive, tramite i suoi momenti più ambient dall’alto pathos e certi spiccati saliscendi strumentali, secoli di guerre e patti di dominio, il tutto con assoluta efficacia e padronanza dei propri mezzi. Rispetto al suo predecessore, la produzione è migliorata in maniera impressionante, ed è il fattore che prima di tutti, oggettivamente parlando, colpisce: nonostante un impianto chitarristico dal sound volutamente più ‘grezzo’, (quasi zanzaroso/fuzzoso il tono utilizzato nelle distorsioni, meno rifinito rispetto al resto del marasma strumentale) in alcuni frangenti, il resto del disco vanta suoni perfettamente incastonati (non solo a livello sonoro, ma anche a livello di feeling del pezzo), come un perfetto mosaico di epoca romana. Per dirla semplice, il tutto suona come se fosse uscito sotto l’ala protettiva di una etichetta ‘big’ del settore Hard & Heavy…se non fosse che il buon Hesperus faccia come sempre tutto da solo, dalla creazione dei brani (come già detto decisamente complessi) fino al missaggio degli stessi! Essendo anche chi scrive un addetto ai lavori, ciò è un aspetto decisamente da considerare, soprattutto alla luce della sapiente struttura dei pezzi e all’esaltazione che questi apportano nell’animo dell’ascoltatore: l’intero disco è una e propria opera teatrale in salsa Metal Estremo, dove ovviamente il marchio Hesperia resta ben presente sia nei momenti più estremi che in quelli più melodici, questi ultimi quelli che sicuramente rimandano di più al disco precedente senza per questo mai ricopiare quanto già fatto in precedenza.
L’album, per via della sua natura decisamente progressiva e teatrale (mai prevedibile, con ‘Spartacvs’ che risulta il brano più assimilabile alle creazioni passate, grazie ai suoi momenti decisamente più melodici – soprattutto nel cantato – e per molti versi meno estremi), si rivela del tutto inadatto ad un’analisi traccia per traccia, e ciò è sicuramente un vantaggio, regalandoci quello che è forse il miglior disco mai inciso finora da Hesperus per la sua creatura: l’evoluzione complessiva è a livelli da Oscar del Metal nostrano, e sicuramente ciò rende questo disco ben più meritevole di un ascolto rispetto alle scialbe ultime prove di certi ‘soliti noti’ del nostro entroterra musicale (non faccio nomi…).
Uno dei dischi dell’anno, dalla personalità strabordante e graditissima sorpresa che riesce in me a scatenare una domanda decisamente pesante: riuscirà Hesperus a superare picchi di siffatta fattura nel prossimo platter? No, perché qui viaggiamo su vette davvero alte….
Ultima menzione (non per importanza) speciale all’artwork del disco, sapiente lavoro grafico che rende onore al superbo contenuto musicale e che riesce, in anni di piena rivoluzione digitale come quelli attuali, a dare un senso di pienezza al concetto di ‘formato fisico’ di un’opera musicale.
Dategli un ascolto, di sicuro non vi lascerà affatto indifferenti.
Oggettivamente, per molti aspetti siamo al cospetto di un capolavoro.