Recensione: Romulus
Ebbene sì, anche Maurizio Iacono dei Kataklysm si è accorto che il death metal epico tira, e che le sonorità di Epic (manco a dirlo) della sua band madre potevano essere espanse ed evolute in modo diverso da come ha fatto, negli anni successivi all’uscita di quel disco, il gruppo canadese. Soprattutto, il buon Maurizio si è ricordato di avere solide radici italiche, ed eccolo quindi cimentarsi con l’obbligatorio concept sull’Impero Romano e il suo iniziatore, Giulio Cesare. Tamarro, nevvero? Eccome, ed è per questo che sostanzialmente l’impresa riesce.
Bisogna prima di tutto dire che la definizione di “Death Metal Epico” data dall’etichetta al gruppo è quantomeno fuorviante: qui di death metal, in fin dei conti, ce n’è relativamente poco. La timbrica di Maurizio è quasi sempre estrema, divisa com’è tra il suo proverbiale growl e lo screaming; ma i riff sono molto, molto più vicini all’heavy epico, magari a qualcosa di thrash, solo raramente al death. Diciamo che il paragone più facile potrebbere essere gli Amon Amarth più epici e melodici, insomma. Ma qui si aggiunge un altro ingrediente, e in questo caso è fondamentale: le tastiere di Jonathan Leduc, quasi onnipresenti e colonna portante del sound Ex Deo.
Proprio gli archi e i fiati – sintetizzati, ovviamente – ricoprono una parte fondamentale per dare quell’atmosfera innegabile che il tutto sommato semplice, a tratti povero riffing fornisce solo in parte. Le fortissime reminescenze amonamarthiane di Cry Havoc, per esempio, sconfinerebbero nel plagio se non intervenissero le trombe a sottolineare l’avanzata delle aquile romane; la veemenza dell’alleato Nergal regge quasi da sola un brano come Storm The Gates Of Alesia; i cori di Invictus, quell’ “Hail” riferito a Cesare tanto efficace quanto kitsch, salvano la canzone da una struttura banalmente semplice; i campionamenti di Legio XIII risollevano un pezzo un po’ scialbo, anche se con buoni spunti, come l’epicissimo riff principale.
Il problema, però, è che Romulus è un disco basato totalmente sui mid-tempo, con chitarre a volte addirittura in secondo piano, e anche se, presi singolarmente, i brani sono spesso molto piacevoli, nel complesso l’album rischia di risultare monotono sulla lunga distanza. Questo ovviamente vale per tutti i gruppi che si fregiano dell’aggettivo “epico” nel definire la propria musica, ma per gli Ex Deo il problema sembra quasi insuperabile, per ora.
La falange di Maurizio Iacono è quindi composta di ottimi soldati, ma stenta ancora a fare quadrato; e il valore del suo condottiero non basta sempre a ripararla dagli inevitabili colpi (di noia) da più direzioni. Ottima idea, grande impegno, ma l’ars pugnandi degli Ex Deo è ancora da affinare.
Alberto ‘Hellbound’ Fittarelli
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Tracklist:
1. Romulus 05:17
2. Storm the Gates of Alesia 06:31
3. Cry Havoc 07:01
4. In Her Dark Embrace 04:55
5. Invictus 04:48
6. The Final War (Battle of Actium) 05:01
7. Legio XIII 05:53
8. Blood, Courage and The God’s That Walk The Earth 06:02
9. Cruor Nostri Abbas 05:30
10. Surrender the Sun 06:47
11. The Pantheon (Jupiter’s Reign) 03:57
Total playing time 01:01:42
Line-up:
Maurizio Iacono – Vocals
Stephane Barbe – Guitars
J-F Dagenais – Guitars
Max Duhamel – Drums
Francois Mongrain – Bass
Jonathan Leduc – Keyboards
Guests:
Nergal – Vocals on ” Storm the Gates of Alesia”
Karl Sanders – Guitars on “The Final War (Battle of Actium)”
Obsidian C. – Guitars on “Cruor Nostri Abbas”