Recensione: Rotten Spiral
L’unico “reduce” della line-up dell’esordio Main Frame Collapse del 1989 è il chitarrista S.B. Reder. Stiamo naturalmente parlando degli Schizo, una fra le più conosciute band italiane di stampo estremo in tutto il mondo. Tornano a splendere i riflettori delle luci della ribalta in quel di Catania grazie al nuovissimo album Rotten Spiral che, insieme con la recente ristampa remaster di Main Frame Collapse, esce sul mercato grazie ai servigi della label Punishment 18 Records.
Tormentata la storia dei siciliani che, fra cambi di formazione, anche laceranti e momenti di “vuoto” ha dovuto attendere quasi vent’anni per dare un seguito all’album di debutto con Cicatriz Black, targato 2007. Il terzo full length della carriera, Hallucination Cramps, del 2010, ridiede vigore alla forza degli Schizo che nel frattempo poterono finalmente contare su di una line-up stabile, schierante, accanto all’obbligatorio S.B. Reder, Dario Casabona alla batteria e Niko Accurso alla voce.
Al di là di qualsiasi discorso legato al ritorno dei mostri sacri che tanto hanno dato all’Acciaio Italiano, fa sempre piacere accingersi a recensire un lavoro partorito da chi ha vissuto sulla propria pelle, in positivo ma anche in maniera dolorosa, i vari passaggi che negli ultimi trent’anni hanno segnato le vicissitudini della musica dura.
In questo senso, leggere i testi degli otto brani che compongono l’ultimo lavoro nato in quel della Sicilia risulta emozionante, proprio perché gli Schizo, così come gli antichi colleghi della guerra dei watt tricolore Bulldozer hanno di norma cercato di comunicare, nei limiti del possibile, un messaggio attraverso la propria proposta.
Il booklet, di dodici pagine, oltre alle liriche sopramenzionate, riporta una bella foto in bianconero nelle due centrali della band e in coda le usuali annotazioni tecniche. Dagli anni Ottanta la ricetta estrema è cambiata, si è evoluta, ha seguito a proprio modo lo scorrere inevitabile del tempo. Nell’immaginario collettivo, per molti, fra i quali anche lo scriba, sin dal loro esordio gli Schizo hanno interpretato al meglio, insieme con – pochi – altri colleghi nazionali la classica fuck you attitude tipica di quelle band che facevano della sfrontatezza il loro emblema, prevaricando tutto e tutti, in onore della salvaguardia della peculiarità del proprio lavoro.
Ebbene, dopo essersi sparati più volte i pezzi componenti Rotten Spiral la consapevolezza di avere a che fare con i “soliti” Schizo diventa certezza assoluta. Otto tracce per una botta di thrash metal dalle radici classiche che riesce a suonare fresca, tutt’altro che demodé, forte di una produzione robusta che valorizza al meglio l’onda d’urto che i tre catanesi sanno fornire a piene mani e senza economia di sorta.
La rabbia è la solita: primitiva, ancestrale, violenta. A canalizzarla, per l’occasione, ci ha pensato herr Thomas “Tommy T. Baron” Vetterli, ascia dei Coroner, in veste di produttore. Ad affiancare Reder, Casabona e Accurso, Davide Santo, al basso.
L’arpeggio contenuto nell’opener Leaders of Deception rappresenta l’incipit di un massacro sonoro lungo quaranta minuti scarsi. Gli Schizo 2016, forti della grande lezione thrash che anch’essi hanno contribuito a scrivere negli anni Ottanta guidano una mattanza controllata che saggiamente poggia sulle coordinate determinate dai grandi del settore – in ordine di influenza: Slayer, Kreator, Sodom, Coroner, Exodus, Megadeth – in simbiosi con la claustrofobia made in Sicily tipica del loro essere metallari, italiani e controcorrente, sempre. Da orgasmo il ribollire della batteria di Casabona su Skeptic Flesh, poi la rinnovata ricerca della pesantezza in vece dell’attacco frontale tout court, i vari cambi di tempo al cardiopalma e le accelerazioni d’antan sviluppate lungo tutto Rotten Spiral, che si chiude su di un arpeggio malefico, così come era iniziato.
Gli Schizo sono tornati e sanno fare gli Schizo come ci si attendeva. Buona scapocciata a tutti!
Stefano “Steven Rich” Ricetti