Recensione: Royal Destroyer

Di Gianluca Fontanesi - 7 Marzo 2021 - 13:37
Royal Destroyer
Band: The Crown
Etichetta: Metal Blade
Genere: Death 
Anno: 2021
Nazione:
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77

Lo abbiamo già detto nel 2018 e rinnoviamo oggi: sia lodato Henrik Axelsson! Da quando è arrivato lui, i The Crown sono passati dall’essere una realtà nel limbo e dal futuro incerto alla loro dimensione naturale di una delle band più potenti del globo terracqueo. Il ritorno alle sonorità di Deathrace King, Possessed 13 e compagnia ha partorito un certo Cobra Speed Venom, che ha resistito alla prova del tempo in maniera massiccia e ancora martella i nostri padiglioni auricolari senza mai stancare. Vi diciamo subito che Royal Destroyer non è da meno, e godiamo come dei ricci.

Nemmeno il tempo di premere play che i nostri iniziano a pestare come degli ossessi e ci servono una Baptized in Violence che dura poco più di un minuto, mette le cose in chiaro e prepara il terreno a Let the Hammering Begin!. Brano di una violenza inaudita, slayeriano nel riffing come nella struttura, ha tutte le caratteristiche per diventare un classico suonato in ogni live dei The Crown. Ci sono tutti gli elementi caratteristici del sound di Marko, Johan e soci e con quella sezione ritmica il risultato è devastante; il tutto si conclude con delle martellate che sfumano ma non c’è il tempo per pensarci su. Motordeath è il primo singolo dell’album e, come da tradizione, mette in luce la parte death’n’roll degli svedesi, che in questo album risulta un po’ accantonata in favore di un sound più cupo e opprimente. Ultra Faust appunto è pesante e brutale come un macigno e i toni si smorzano solo con la seguente Glorious Hades, che spezza la tracklist in maniera magistrale.

Full Metal Justice, Scandinavian Satan e Devoid of Light sono l’anello debole del disco. Non arrivano a dieci minuti in tre e sono brani che avrebbero necessitato di una maggiore complessità strutturale per poter essere allo stesso livello degli altri. Parliamo di composizioni semplici e dirette ma sterili; Devoid of Light sembra che si tronchi prima del previsto ed è un peccato. Ci si concede persino una “ballad”, We Drift On, che si difende piuttosto bene e viene furbescamente usata come secondo singolo, mentre il compito di chiudere le ostilità spetta alla splendida Beyond the Frail, che è l’ennesimo brano riuscitissimo e che farà saltare più di una persona dalla sedia.

Royal Destroyer è un buonissimo disco, stilisticamente fratello di Cobra Speed Venom ma senza lo stesso effetto sorpresa. I The Crown sono in forma smagliante e difficilmente scontenteranno qualcuno; chiaro, i capolavori sono già stati scritti e non sono queste le intenzioni, però la voglia è ancora tanta e i grandi brani ci sono sempre. La produzione è potentissima, il sodalizio con Metal Blade continua, la voce di Johan non cede di un millimetro e ci si sente sempre a casa; visti i tempi che corrono suona quasi come un insulto.

 

 

 

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